La ricetta dell’assessore Bresciani

Niente più numero chiuso alla facoltà di Medicina, e finanziamenti specifici, sia pubblici sia privati. È la ricetta proposta dall’assessore alla Sanità della Lombardia, Luciano Bresciani, per arginare la carenza di medici, di specialisti e di infermieri negli ospedali e più in generale melle strutture sanitarie della Lombardia. Ricetta che fa il paio con la proposta di fare della Lombardia un «laboratorio sperimentale di questo nuovo ciclo di cultura scientifica, attraverso un proposta di legge ad hoc che presto presenteremo come Lega in Regione, per poi inviarlo ai ministeri competenti». Quindi, Lombardia ancora una volta proattivo modello nazionale per uscire da un impasse - quella della carenza di personale sanitario specialistico - comunque di difficile soluzione.
Questo disegno, in particolare, prevede «in una logica federalista, in parallelo con le erogazioni di natura e origine statale per il fabbisogno sanitario - dice Bresciani - anche il finanziamento privato per medici, specialisti e infermieri, al fine di raggiungere i target produttivi della comunità regionale».
Bresciani sta già facendo in questo senso passi concreti in sede governativa. «Ne ho già parlato con il ministro Fazio - aggiunge infatti l’assessore -. La scena è quella di un film già visto troppe volte: qui in Lombardia paghiamo dazio per un sistema universitario di stampo eccessivamente centralista, che elude i fabbisogni territoriali in ambito sanitario, confermandosi inadeguato a soddisfare le specifiche, peculiari e differenti esigenze della nostra Regione». Come dire: è ora di cambiare musica e porre mano ai fatti, con misure precise, finalizzate e non dilatorie, se si vuole risolvere il problema che, tra l’altro, non può essere ulteriormente eluso.
C’è poi da considerare anche una disomogeneità a livello regionale, figlia delle scelte sbagliate e delle decisoni prese in sede centrale. «Così finisce che il Lazio ha più corsi della Lombardia, nonostante una popolazione che è la metà di quella della nostra Regione». La cultura, conclude, «non deve essere chiusa nel mortaio del finanziamento statale. Abbiamo bisogno di cultura libera e alta qualità per creare e consegnare valori veri e condivisi alla comunità lombarda.

L’attuale sistema ha invece costretto molti dei nostri ragazzi ad andare all’estero per acquisire nuove conoscenze, di fatto impoverendo l’intero Paese che in questi anni ha visto emigrare troppi cervelli. Una fuga dovuta anche alla richiesta di cultura che il nostro Paese gli sta negando».

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