Quasi 86 mila euro. È questa la somma «intascata» da una dipendente dell'ufficio matrimoni del Comune che per anni si è fatta pagare dai futuri sposi i bolli e i diritti vari di segreteria per le classiche pubblicazioni di matrimonio. Bolli e diritti che in realtà la dipendente infedele aveva staccato dalle vecchie pratiche finite in archivio e appiccicate a quelle nuove, convinta che tanto non se ne sarebbe accorto nessuno. Per questo ieri la donna è stata condannata con rito abbreviato dal giudice per le udienze preliminari Simone Luerti a due anni di reclusione (pena per altro sospesa) per peculato e distruzione e occultamento di documenti. Al centro della vicenda S.P., 48 anni, residente nellhinterland milanese, che per quattro anni aveva architettato un trucco ben preciso per arrotondare lo stipendio. Dalla ricostruzione degli inquirenti infatti la dipendente comunale si faceva versare dagli utenti il denaro per le marche da bollo e i diritti di segreteria necessari per le pubblicazioni di nozze, come prevede la legge. Dopo di che si infilava nellarchivio dellAmministrazione comunale e dagli atti già evasi e protocollati, che poi distruggeva o nascondeva, staccava bolli e diritti per poi attaccarli su quelli nuovi.
E non è tutto perché il «giochino» riguardava non solo le pratiche da lei ricevute ma anche quelle trattate per conto di altri colleghi d'ufficio. Così, come è stato accertato, tra il 2001 e il 2004 la donna, che ha parzialmente risarcito il danno, si è appropriata in tutto di 85.964 euro per aver evaso con il «trucco» 8.804 pratiche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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