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«La ricostruzione è ferma, ma è colpa di Haiti»

«Nel risollevare Haiti si procede a una velocità inferiore rispetto a quella che ci aspettavamo, ma questo non significa che l’aiuto umanitario sta fallendo» sostiene Marco Bertotto, direttore di Agire, l’Agenzia italiana per le risposte all’emergenza. Un cartello di organizzazioni non governative, che grazie al buon cuore degli italiani ha raccolto 15 milioni di euro (l’82% tramite sms) per il dramma di Haiti. «A sei mesi dal terremoto abbiamo già utilizzato il 21% delle donazioni. Su ogni euro in beneficenza, 20 centesimi sono stati spesi» spiega Bertotto. La ricostruzione, però, è ferma, come aveva denunciato ieri Il Giornale. Il governo non concede le autorizzazioni, individuare i proprietari è un’impresa e la speculazione fa il resto. «I primi a dire che le cose non vanno siamo noi - ribatte il direttore di Agire -. Solo il Vis (una consociata che fa capo ai salesiani) è riuscita a costruire perché interveniva su terreni di sua proprietà. Il Cisp (altra ong di Agire), invece, deve mettere in piedi delle scuole nelle bidonville della capitale, ma il governo non concede i permessi. Stesso discorso per Intersos che sta riabilitando un sanatorio a Leogane».
Un’inchiesta della Cbs ha confermato che sei mesi dopo il terribile terremoto del 12 gennaio (220mila morti), le grandi ong internazionali collegate agli Usa hanno speso ben poco ad Haiti. La Catholic relief services solo l'8% di 165 milioni di dollari, la fondazione Bush-Clinton appena il 6% di 52 milioni, Care il 16% su 34,4 milioni. La Croce rossa americana batte tutti con 111 milioni di dollari già utilizzati, ma rispetto al budget si ferma al 25%.
Ieri una fonte della Croce rossa ha posto dubbi su quanti soldi delle donazioni ad Agire verranno effettivamente utilizzati. «Meglio far bene nel tempo necessario - replica Bertotto -. È superficiale considerare la velocità di spesa come indicatore privilegiato dell’efficacia degli interventi. Come le Ong hanno imparato proprio dal caso Tsunami».
Agire, nata nel 2007, si impegna a spendere i fondi raccolti «nell’arco dei prossimi 18 mesi, evitando iniziative mordi e fuggi e lavorando perché questo terremoto si trasformi davvero in un’opportunità di cambiamento per la gente di Haiti». Secondo gli ultimi dati della Croce rossa la popolazione di sfollati nella sola capitale, Port au Prince, è aumentata di 500mila persone. Sei mesi dopo non tutti i campi dei terremotati hanno dei prefabbricati. Massimiliano Salierno, direttore di Anpil, una piccola, ma attiva organizzazione umanitaria da 20 anni ad Haiti, sostiene «che ci sono le tende, ma in molti casi la gente rimane ancora sotto i teli. Eppure i soldi sono stati raccolti, grazie ai media che hanno focalizzato l'attenzione solo su determinate ong o fondazioni». Fin da febbraio la Protezione civile ha avanzato critiche sui progetti di Agire per Haiti. In una lettera su carta intestata della Presidenza del Consiglio si parla di «progetti che prevedono una durata lunga, assai atipica per l’emergenza (...), di fatto, iniziano a due mesi dal sisma e sono di durata addirittura biennale». Il direttore di Agire ribatte che «non è vero. I progetti sono partiti subito dopo il terremoto, ma difendo la scelta di utilizzare i soldi in due anni, così saranno spesi bene. L'intervento mordi e fuggi è solo a fini mediatici».
La Protezione civile ha fatto le pulci alle ripartizioni dei costi di Agire. «Se si annuncia ai donatori che il 93% dei 13.616.512 euro raccolti (a febbraio, nda) vanno a progetti sul campo sarebbe bene chiarire - si legge nella lettera - il significato del 41% dei fondi raccolti (5,1 milioni) che non saranno destinati ai beneficiari haitiani, ma a costi di personale, coordinamento e supporto, staff nelle sedi italiane». Bertotto contrattacca: «Non millantiamo nulla. È qualunquismo dire che se distribuisco un camion di riso pago solo il costo dei chicchi. E in ogni caso le spese delle ong sono infinitamente inferiori alla macchina di aiuti pubblici, compresa la portaerei Cavour».
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