Rifondazione blocca il Giro padano: botte e feriti

In Francia si pedala nel Giro del Delfinato, e nessuno protesta in quella inesistente regione dal nome antico. In Spagna si corre il Giro dei Paesi Baschi dal 1924, ben prima che diventassero una Comunità autonoma. In Svizzera si arranca nel Giro di Romandia, cioè i cantoni di lingua francese, entità politicamente immaginaria, e sui monti di Heidi si fa festa. In Italia succede invece che Umberto Bossi si inventi il Giro ciclistico della Padania, cinque tappe dal Piemonte al Veneto con i migliori pedalatori in circolazione, e la sinistra fa scoppiare il pandemonio. Annunciate da giorni, le contestazioni sono esplose ieri a Mondovì, con due poliziotti contusi nei tafferugli. E continueranno, perché il tam-tam ribelle si sta organizzando rapidissimamente.
I treni veloci non piacciono? La sinistra si scontra con la polizia. Si riunisce il G8? Gli autonomi scatenano la violenza. E così contro gli inceneritori, i rigassificatori, i centri di accoglienza, la riforma universitaria: l’elenco sarebbe lunghissimo. L’unico modo in cui manifestare dissenso sembra quello di venire alle mani. È successo anche ieri. Il Giro della Padania sarà anche targato Carroccio, con tanto di maglia verde al vincitore e partenza da Paesana, la località del Cuneese da cui ogni anno scatta l’ascesa leghista verso le sorgenti del Po. Ma è riconosciuto dalla Federazione ciclistica, ha sponsor importanti e concorrenti di valore (in tutto sono 200).
Quando era il sommo Gianni Brera a parlare di Padania nelle sue cronache sportive, nessuno si stracciava le vesti. Adesso i militanti di Rifondazione guidati dal segretario Paolo Ferrero non trovano di meglio che sdraiarsi lungo le strade in cui passano i ciclisti padani, boicottare la manifestazione, creare problemi di sicurezza. «Lo abbiamo fatto con estrema attenzione per evitare di mettere in pericolo l’incolumità dei manifestanti, dei ciclisti e delle forze dell'ordine», ha scritto sul suo blog l’ex ministro successore di Fausto Bertinotti.
Invece il pericolo c’è stato, eccome. Le contestazioni sono cominciate a Paesana e sono proseguite una ventina di chilometri più a valle, a Mondovì, dove Ferrero e le sue truppe avevano allestito un presidio di protesta davanti al municipio. Gli organizzatori avevano scelto di non attraversare il centro, ma i rifondatori si sono fiondati sul percorso alternativo riuscendo ugualmente a boicottare la corsa. Si sono sdraiati sull’asfalto quando tre corridori erano già passati e hanno costretto le forze dell’ordine a intervenire. Sono stati momenti di grande tensione. Nei disordini sono rimasti contusi due agenti della Squadra mobile di Cuneo, urtati da una delle auto al seguito della corsa: all’ospedale di Mondovì sono stati medicati e dimessi in serata.
Le proteste proseguiranno. «No pasaran», assicura Ferrero, alla disperata ricerca di una ribalta.

Dalla Fiom alla Cgil, poi Rifondazione, l’elezione in Parlamento, l’incarico di ministro della Solidarietà sociale; poi il tonfo elettorale fino all’odierna tragicomica rincorsa dei pedalatori verdi. La triste parabola di una sinistra che ha sempre bisogno di costruirsi un nemico.

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