da Roma
Per Gerardo DAmbrosio, la maggioranza di cui fa parte da poco, comincia male. E proprio sulla giustizia, che è in cima ai pensieri dellex magistrato milanese, diventato famoso con Tangentopoli. Questindulto, il senatore dellUlivo lo giudica «inutile e pericoloso». E vota contro, dopo che è stato bocciato il suo emendamento per ridurre almeno lo sconto di pena da 3 a un anno.
Non capisce proprio, DAmbrosio, perché «si è preferito, come primo atto del governo in tema di giustizia, ricorrere a un condono così ampio, invece che a provvedimenti strutturali che incidono veramente sul sovraffollamento delle carceri». Quelli sulla durata dei processi, sul sistema penitenziario e sulle depenalizzazioni di illeciti amministrativi, per dire. Così invece, prevede DAmbrosio,«tra 6 mesi ci troveremo a discutere degli stessi problemi». Nellaula del Senato il ds ribelle esprime con forza il suo dissenso dal partito e dalla coalizione. Si sente più vicino alle posizioni dellex collega alla Procura di Milano, Antonio Di Pietro, che guida lItalia dei valori in una fallimentare battaglia, solitaria nel centrosinistra. Due ex pm che per qualcuno conservano una mentalità giustizialista. E fuori dal Parlamento cè anche lex Pg milanese, Saverio Borrelli, che è contro il provvedimento perché, come Di Pietro, voleva escludere i reati finanziari. Per loccasione il vecchio pool di Mani pulite si riscopre compatto. «Non capisco le ragioni di questindulto - dice DAmbrosio -. Sarà forse perché sono entrato in politica da alcuni mesi, facendo per tutta la vita un altro mestiere».
DAmbrosio si sente ancora la toga addosso e, come Di Pietro e Borrelli, esprime un più ampio dissenso che è diffuso nella magistratura, sulle prime e significative mosse del governo Prodi. Dopo le grandi aspettative, maturate nella lotta a oltranza contro le leggi del governo Berlusconi, le toghe ora rimuginano sulle troppe delusioni.
Lultima polemica è sullindulto, ma si apre quella sul ddl Mastella sulle intercettazioni (che limiterebbe il potere dindagine dei pm), arrivato venerdì in Consiglio dei ministri. E prima, soprattutto, pesa la mancata sospensione della riforma Castelli, entrata regolarmente in vigore, compresa la vituperata separazione delle funzioni tra giudici e pm, malgrado le promesse dallUnione. Anm, Csm e leader delle correnti ogni giorno protestano e si lamentano. Ma in Senato il provvedimento è stato rinviato alla prima seduta di settembre e il solco tra centrosinistra e magistratura diventa più profondo.
Lindulto è solo lultimo atto di uno scontro dalle radici lontane. Per il neosenatore DAmbrosio, già a disagio nel Palazzo del potere, la Camera (e poi anche il Senato, ndr) non ha capito la «portata di un indulto di queste dimensioni», che libererebbe non 12mila, ma 22mila detenuti, anche colpevoli di reati gravi: «I colleghi di Milano mi hanno detto che, solo per rapina a mano armata, usciranno 358 condannati». DAmbrosio critica soprattutto «il bonus di 3 anni per tutti i processi pendenti», ancora da istruire ma che già possono prevedere vanificata la condanna finale».
Mentre gli altri senatori dellUlivo, espressi malumori e perplessità in unassemblea infuocata, alla fine si adeguano alla disciplina di partito, DAmbrosio in aula esprime il suo no. Di Pietro, allultimo Consiglio dei ministri, ha accostato il provvedimento di clemenza alle restrizioni delle intercettazioni e alla riforma dellordinamento giudiziario, che non è stata affatto sospesa. Nei giorni scorsi, lAnm ha espresso le sue preoccupazioni al capo dello Stato, Giorgio Napolitano. che presiede il Csm. Poi, lorgano di autogoverno delle toghe ha bocciato la riforma ancora una volta nella relazione alle Camere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.