Riforma fiscale e flirt con l’Udc: Berlusconi ritrova il sorriso

RomaTra battiquorum e aperture all’Udc, sul volto di Berlusconi torna un cauto sorriso. Il Cavaliere di fatto ha siglato una tregua importante con il suo ministro dell’Economia, fino a qualche giorno fa inflessibile sul tema dei conti pubblici: «Non ci possiamo permettere nulla, Silvio. Nulla». Poi, finalmente, l’uomo del «non possumus» ha ceduto un po’. Determinante l’atteggiamento di Bossi che forse per la prima volta ha dismesso i panni del difensore senza se e senza ma del «suo» ministro. I sindaci, i militanti e l’elettorato storico del Carroccio cominciano ad avere qualche mal di pancia nel guardare al portafoglio. Per cui: si faccia qualcosa. Tremonti ha ceduto sulla legge delega sul fisco prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. Meno tasse in vista, quindi: sulla carta una siringata di maggiori consensi per la maggioranza di governo. Basterà?
Bossi e Berlusconi se lo augurano con tutto il cuore e se il primo, tra pochi giorni, potrà testare il polso del suo popolo sul prato di Pontida, il secondo ne approfitta per corteggiare i centristi di Casini. Ovvio che un alleggerimento della pressione fiscale per famiglie (forse anche sotto forma del quoziente familiare) e piccole-medie imprese piaccia anche all’Udc. Dal Pdl non s’è mai smesso di cercare sponde tra i centristi per puntellare la maggioranza e il fisco potrebbe essere la materia principe per attrarre gli uomini di Casini. Il vicepresidente del Pdl, Osvaldo Napoli, è uscito allo scoperto: «Se e quando l’esecutivo avrà trovato le risorse necessarie per avviare la riforma fiscale, voglio augurarmi che il primo atto sia indirizzato alle famiglie avviando quel quoziente familiare, annunciato da qualche tempo, per dare ossigeno alla cellula sociale più importante».
Per ora i centristi restano cauti e, prima di sbilanciarsi, preferiscono sposare le tesi rigoriste di Tremonti. Il quale su un punto non molla: arrivare al pareggio di bilancio nel 2014. Sul come raggranellare 40 miliardi entro quella data ancora non c’è nulla di scritto ma l’impegno del ministro dell’Economia a tagliare le tasse c’è. Magari aumentando l’Iva sui beni di lusso per poter abbassare Irpef e Irap. Il faticosissimo armistizio tra Berlusconi e Tremonti sembra siglato anche se qualcuno, nel Pdl, vorrebbe addirittura metterlo nero su bianco in occasione del prossimo consiglio nazionale del partito, in programma il primo di luglio. In quella occasione, oltre a ratificare la nomina di Alfano a segretario politico del Pdl, si potrebbero tracciare le linee economiche della prossima azione di governo.
Ma la battaglia più ravvicinata, per Berlusconi, è quella sui referendum. Il Cavaliere confida che nella tornata elettorale di domani e lunedì non si raggiunga il quorum. Dati certi non ce ne sono ma si mormora che la percentuale dei votanti potrebbe arrivare al 40 per cento. Tanti ma non sufficienti per rendere validi i quesiti. Se così fosse, il premier potrebbe presentare l’esito del voto come una sconfitta delle opposizioni, ridimensionare la batosta subita alle ultime amministrative e ricacciare in gola l’urlo delle minoranze secondo cui il berlusconismo è già morto e sepolto. Nell’attesa del risultato referendario, Berlusconi ha lasciato Roma alla volta di Portofino per festeggiare assieme ai figli Marina e Piersilvio il compleanno dell’ultimo nipotino, Lorenzo. Poi, tappa in Sardegna per un week end di mare nella speranza che la maggioranza degli italiani facciano lo stesso.
Un fine settimana all’insegna del buon umore, non sciupato - dicono - neppure dalle più recenti fibrillazioni nel Pdl. «L’addio di Miccichè? Tutto concordato assieme al premier - assicura un anonimo pidiellino -. “L’arancione” non farà mancare l’appoggio al governo e alla maggioranza ma potrà essere calamita di consensi persi dal Pdl nel Meridione perché considerato troppo appiattito sulla Lega».

Un costituendo partito del Sud che, come ragione sociale, ha proprio quella di contenere le spinte del Carroccio. E Miccichè lo dice chiaramente: «Il mio obiettivo è fare come la Lega, avere una pattuglia così forte di parlamentari da poter condizionare le scelte della maggioranza di cui faccio parte».

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