Riforme, la sinistra si ribella al Parisi "presidenzialista"

Riforme, la sinistra si ribella al Parisi "presidenzialista"

Roma - A ben vedere si tratta sempre della stessa tenaglia. Una ganascia costituita dal referendum, l’altra dal Partito democratico e dalla pressione che esso vuole esercitare sull’intero sistema politico. Per cementare l’incerta natura del «Pd», ecco farsi impellente una legge elettorale confezionata «ad hoc». Non sembri perciò «folkloristica» la dichiarazione di Mastella di ieri, nella quale attribuisce ai referendari «atteggiamenti da setta satanica».
Il capo della «setta» potrebbe essere «coperto», come si conviene. Anzi, potrebbe essere persino una «cupola». Ma il sacerdote e gran maestro è di sicuro Arturo Parisi, già fedele scudiero di Prodi, professore dedito alle architetture politiche, non a caso tra i promotori del referendum. In un’intervista Parisi ha parlato chiaramente del nesso che lega il «Pd» alla legge elettorale, e la scelta che dovrebbe completarsi verso un sistema compiutamente semi-presidenziale, alla francese. Toni alla bersagliere, e progetti espliciti: «I partiti “chiamano” i sistemi elettorali e i sistemi elettorali “chiamano” i partiti - ha detto Parisi -. È evidente che il Pd può nascere solo in uno schema bipolare: Pd e legge elettorale fanno parte della stessa vicenda». Per consentire una sana crescita al neonato - della cui identità Parisi riesce a definire un solo tratto, che è «nuovo» -, ecco la necessaria bella cura di omogeneizzati agli ormoni del bipolarismo. Sistema francese, senz’altro, ma «come non vedere che l’essenza del sistema francese più che il doppio turno è il semi-presidenzialismo?», si chiede Parisi, immaginando già modifiche alla Costituzione.
Il primo effetto, probabilmente atteso, è stata la sollevazione di tutte le forze che ritengono di avere diritto almeno alla propria sopravvivenza. I piccoli dell’Unione chiedono così un vertice di maggioranza perché «così non si può andare avanti e Prodi se ne deve rendere conto», spiega il capogruppo verde, Angelo Bonelli. «È inaccettabile - aggiunge il capogruppo comunista Sgobio - che in nome della stabilità di governo si dia una picconata alla stabilità della coalizione...». «Basta con i blitz e le provocazioni come quella sul presidenzialismo», si irrita anche il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio. Sul piede di guerra i gruppi parlamentari di Rifondazione, che giudicano «irricevibile e inaudita» la soluzione semipresidenziale di Parisi. «C’è un punto molto bizzarro - spiega Russo Spena -: Parisi sostiene che si costruisce una legge elettorale per il Pd e il Pd per una legge elettorale. Non sono d’accordo. Credo che le due questioni dovrebbero essere separate e scisse. Non credo che questo sia il pensiero di Prodi, e comunque non deve essere il pensiero della maggioranza...».
Se certi sensi «diabolici» non sfuggono, al socialista Boselli risulta «incomprensibile la posizione del governo, Ds e Margherita sul tema elettorale, perché ha come risultato quello di indebolire lo stesso Prodi». Di «furori fuori luogo» parlano i dipietristi, mentre uno dei leader di «Sinistra democratica», Cesare Salvi, raccomanda a Parisi di essere «più attento quando si occupa di temi fuori del suo dicastero: è inaccettabile che si pensi a un referendum e a cambiamenti profondi della Costituzione con il dichiarato fine di aiutare un partito, il Pd, i cui potenziali consensi sono molti inferiori alla vocazione maggioritaria di cui si era parlato». Contrariato dalla proposta è il professor Franco Bassanini, che la giudica un «macigno» persino sul Pd.

Alla fine di una giornata nel mirino, flebile arriva il «c’ho provato» di Parisi: «Delle proposte dobbiamo tornare a discutere, ma ciò che conta è la domanda: come assicurare stabilità al nostro Paese?». Buon metodo potrebbe essere quello di parlarsi al telefono, prima.

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