Il rigore di Tps contro le promesse del premier

Il ministro dell’Economia è attento alle sollecitazioni della Bce e all’esame sui conti pubblici che l’aspetta a Bruxelles

da Roma

Le rigidità di Tommaso Padoa-Schioppa, manifestate durante il vertice di maggioranza, mettono in imbarazzo Romano Prodi. Tant’è che in serata, fonti di Palazzo Chigi devono precisare che, nonostante le remore (quasi lo scetticismo) del ministro dell’Economia a reperire risorse per la detassazione dei salari, «la volontà del governo è chiarissima: le risorse per tutelare il potere d’acquisto verranno trovate».
Una presa di posizione che esalta le distanze fra il presidente del Consiglio ed il suo ministro dell’Economia. Prodi guarda a Rifondazione comunista; e ad essa concede la cauta apertura - per il momento solo sulla carta - dell’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Padoa-Schioppa invece punta alla promozione della Commissione europea e della Banca centrale. Due linee apertamente in contrasto.
Pur se fra mille cautele, il presidente del Consiglio offre a chi aveva chiesto il vertice di maggioranza (la sinistra estrema) un’apertura sulla tassazione delle rendite, subordinata all’andamento dei mercati. Clausola che, automaticamente, esclude la possibilità che l’aliquota del 12,5% possa salire al 20% entro l’estate, come chiesto da Paolo Ferrero. Nella sostanza, Prodi assicura a Rifondazione un risultato di bandiera: l’unico che porta a casa. Tant’è che Oliviero Diliberto lo giudica insufficiente. Il segretario del Pdci così fa mettere a verbale che chiede il ripristino della scala mobile ed una revisione del paniere Istat dell’inflazione e critica l’accordo del 1993 sul costo del lavoro.
Padoa-Schioppa, invece, ha una visione diversa. In primo luogo, il ministro dell’Economia sa benissimo che difficilmente sarà possibile aumentare l’aliquota fiscale sui titoli pubblici in circolazione. E limitando l’aumento ai titoli di prossima emissione, il gettito fiscale sarebbe minimo. Per non parlare dell’eventuale gettito sui capital gains. A fronte di una prevedibile flessione dei corsi azionari, conseguente al rallentamento dell’economia internazionale, l’aumento dell’aliquota finirebbe per appesantire ulteriormente l’andamento dei titoli azionari.
Le remore di Padoa-Schioppa, poi, riguardano anche il rispetto del Patto di stabilità europeo. Il 30 gennaio prossimo la Commissione europea esaminerà la legge finanziaria. Una manovra di bilancio già macchiata - agli occhi di Bruxelles - dall’uso dei «tesoretti» fiscali non per la riduzione del deficit, ma per l’aumento della spesa. Ne consegue che fino al 30 gennaio il ministro dell’Economia non vuole dare l’impressione di allargare i cordoni della borsa. Mentre la sua maggioranza, Prodi in testa, ha esigenze opposte.
Non solo. Ma che vanno in direzioni contrarie a quelle indicate dalla Banca centrale europea. Preoccupata dall’aumento dell’inflazione, la Bce ha chiesto agli Stati di Eurolandia di tenere sotto controllo i salari. Ora, invece, la maggioranza di governo chiede al ministro dell’Economia di creare le condizioni per un aumento dei salari.

Cioè, chiede a Padoa-Schioppa di infrangere una richiesta che viene dal board nel quale lui è stato per anni. Viste le posizioni di partenza era inevitabile che le differenze d’impostazione fra Prodi e Padoa-Schioppa non emergessero con chiarezza durante il vertice di Palazzo Chigi.

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