Riscaldamento, in Italia costa il 51% in più del resto d’Europa

I rincari del petrolio non colpiscono solo gli automobilisti: ieri anche il gasolio da riscaldamento è salito di 8 euro per mille litri, registrando gli aumenti della chiusura del primo aprile. Proprio alla vigilia del ponte di Pasqua, infatti, il mercato del Mediterraneo ha messo a segno un sostanzioso rincaro, che i rivenditori si sono trovati sui prezzi d’acquisto, appunto, ieri.
Ma non è solo un problema occasionale: le famiglie italiane che ancora non dispongono di impianti a metano, in questo inverno che tarda a concludersi, hanno speso per il gasolio ben più di quanto sborsato dal resto d’Europa, addirittura il 51% in più. In Italia, infatti, stando all’ultimo aggiornamento disponibile sul sito del ministero dello Sviluppo economico che conferma un andamento ormai consolidato, il gasolio per riscaldamento costa ben 1,164 euro al litro, contro 0,768 della media europea. Si tratta del prezzo più alto, che rappresenta il 51% in più di quanto sborsano le famiglie degli altri Paesi. L’Italia, dunque, è ancora una volta maglia nera ed è tallonata dall’Ungheria, dove per un litro di gasolio ci vogliono 1,145 euro. Sempre in zona «retrocessione» si piazza anche la Danimarca (1,141 euro al litro), mentre il Paese più economico risulta il Lussemburgo, dove per riscaldare gli appartamenti bastano 0,574 euro. Tra primo e ultimo posto in classifica, dunque, corrono la bellezza di 0,59 euro: in Italia, quindi, il gasolio da riscaldamento costa più del doppio rispetto al Lussemburgo.
Ipotizzando quindi un utilizzo di mille litri di gasolio per il riscaldamento dell’abitazione, la famiglia italiana paga quasi 1.200 euro, contro i nemmeno 600 di una lussemburghese. I maggiori Paesi europei, invece, presentano prezzi estremamente più contenuti e più o meno in linea con la media: la Francia si attesta a 0,700 euro, la Germania a 0,678, la Spagna a 0,668 e il Regno Unito a 0,607.
Come per i carburanti, però, anche sul gasolio da riscaldamento pesa la quota tasse, che in questo caso sfiorano il 55% sul prezzo finale al consumo. Tuttavia, anche eliminando le tasse locali, che pesano notevolmente su questo prodotto, l’Italia non brilla nel panorama europeo: il prezzo industriale è infatti pari a 0,567 euro al litro, terzo in classifica dietro Irlanda e Danimarca.
Il bilancio del «caro-termosifone» è in rosso in tutta Italia, dunque, anche se la regolamentazione non è uguale dappertutto. La legge che regola l’accensione dei riscaldamenti prevede la suddivisione del Paese in sei zone climatiche. In tre di queste zone (la A, la B e la C), i termosifoni sono stati spenti il 31 marzo; in altre due (la D e la E) si può accendere ancora fino al 15 di questo mese, mentre nella sesta non ci sono limitazioni.

Da una settimana, quindi, in molte città del sud, comprese Napoli, Palermo, Bari, Catanzaro, Reggio Calabria, Cagliari, ma anche in qualche comune del centro, i termosifoni sono stati spenti e si tirano le somme di quanto si è speso.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica