È ormai trascorsa circa una quindicina d'anni da quando, a seguito dell'emanazione della legge 9 gennaio 1991, n. 10 e del suo decreto di attuazione DPR 412 del 26 agosto 1993 e successive modificazioni, avendo la predetta legge modificato la maggioranza condominiale necessaria per deliberare la trasformazione degli impianti di riscaldamento centralizzati in impianti autonomi, non si è sentito altro che frasi del tipo: «conviene l'impianto autonomo», «mi scaldo quando e quanto voglio», «pago solo quello che consumo» e così via.
Circa l'interpretazione della legge sulle modalità di trasformazione degli impianti e sugli obblighi dei condomini in minoranza ci sono pareri contrastanti tra gli «addetti».
A livello legislativo, l'articolo 26 della legge 10/91 stabilisce che «Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi
(omissis) sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali». Questo significa che un solo condomino, o un numero di condomini comunque ristretto, che detenga la maggioranza dei millesimi della tabella di proprietà, può deliberare la trasformazione dell'impianto centralizzato in tanti impiantini autonomi.
La Cassazione Civile, con sentenza della Sez. II° del 26/5/1999, n° 5117, aveva stabilito che la delibera con la quale si decide da dismissione dell'impianto esistente preveda anche che sia l'amministratore del condominio a farsi carico della redazione e del deposito in Comune del progetto di trasformazione. I condomini, quindi, non potrebbero decidere se e come fare l'impianto all'interno delle loro unità immobiliari.
Altro motivo di contendere deriva dalla situazione in cui viene a trovarsi la minoranza: non può continuare ad usare il vecchio impianto (sarebbe contrario allo spirito della legge) e non è esonerata dai costi della trasformazione perché la legge 10/91, che deroga dall'art. 1121 del codice civile, non riconosce espressamente questa eventuale possibilità.
Poi, se si prendono seriamente in esame gli aspetti tecnici ed economici occorre innanzitutto ricordare vantaggi e svantaggi delle due soluzioni: il mantenimento dell'impianto centralizzato (che non esclude l'ammodernamento), oppure la trasformazione dell'impianto centrale in impiantini autonomi.
I vantaggi dell'impianto centralizzato sono in sintesi, una maggiore sicurezza dello stesso, sottoposto a obblighi di controllo in carico ad un responsabile ben individuato; un minor inquinamento ambientale ed un maggior risparmio energetico per effetto della minore potenza installata.
Per contro vi sono alcuni aspetti negativi quali, l'impossibilità di regolazione indipendente della temperatura e delle ore di attivazione nei singoli appartamenti, l'addebito delle spese di riscaldamento in funzione di una tabella senza alcuna riduzione anche in caso di periodi di assenza prolungata.
Da quanto è stato espresso, seppur sommariamente, emerge l'opportunità di attente valutazioni per ogni singolo caso, fatte sulla scorta di informazioni tecniche assunte mediante professionisti esperti del settore, non trascurando altre soluzioni indicate dalla legge, come ad esempio quella di un impianto centralizzato che alimenta moduli (definiti anche caldaie senza fiamma) all'interno degli appartamenti dove si possono gestire l'attivazione dell'impianto e la contabilizzazione dei consumi.
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