«A rischio la tenuta del centrosinistra»

Il sottosegretario Cento: «I reparti speciali? Si aprirebbe un problema politico». Deiana (Prc): Parisi non convince

Emanuela Fontana

da Roma

La missione italiana in Afghanistan è troppo «ambigua». Inquietante la dichiarazione del ministro afghano Abdul Rahim Vardak sull’impegno italiano al sud. «Non convincente» la risposta di smentita del ministro della Difesa Arturo Parisi. È «elemento di interrogazione parlamentare» la notizia che in Afghanistan sono arrivate forze di reparti speciali italiani. Tutte situazioni che vanno chiarite «per la tenuta del centrosinistra», dice il sottosegretario all’Economia dei Verdi Paolo Cento.
Anche tra i non «dissidenti», nella sinistra che ha appoggiato con fatica il governo sul decreto di rifinanziamento alla missione afghana ma che è attaccatissima alle radici pacifiste, iniziano a infiltrarsi sospetti e preoccupazioni, l’impressione che sulla questione Afghanistan il ministro dovrà riferire quanto prima perché sul rifinanziamento «non c’è una delega in bianco», precisa al Giornale Elettra Deiana, deputata di Rifondazione comunista.
Deiana si trova in Afghanistan con la delegazione delle commissioni Difesa di Camera e Senato. Era presente quando il ministro Vardak ha fatto quella dichiarazione «che mi ha lasciata perplessa e stupefatta». Dice di avere «fiducia che non ci siano sotterfugi e che in tutta la maggioranza ci sia un atteggiamento di ragionevolezza e di lealtà». Del resto è il governo che sostiene e a cui ha dato la fiducia, tra le altre, proprio sulla missione Nato, pur «nelle divergenze all’interno rispetto alle questioni militari», ammette.
Ma il fatto che il presidente Hamid Karzai e i suoi ministri non fossero stati avvertiti «di una posizione del Parlamento italiano molto chiara che esclude l’invio dei nostri militari in una zona di conflitto mi è sembrata una svista molto negativa e ambigua», riflette l’esperta di Afghanistan del Prc, che avvisa: «Qualora fosse confermato l’arrivo di reparti speciali in Afghanistan presenterò un’interrogazione parlamentare». Non solo: «La dichiarazione del ministro Parisi non mi ha convinto - precisa - e ha aumentato le mie preoccupazioni, perché non si tratta di scegliere di volta in volta, sulla base delle richieste della Nato. L’accordo che ho favorito e sostenuto prevede un congelamento dell’operatività».
Se fossero confermati un diverso impegno delle forze italiane e l’invio di reparti speciali «si aprirebbe un problema politico», riflette anche il sottosegretario all’Economia Paolo Cento. Proprio nelle file dei Verdi c’era stata una parte della «dissidenza» al Senato sul voto afghano. Ma Cento non aveva mai posto un muro contro muro: «Nei prossimi mesi - spiega - noi vogliamo porre l’obbiettivo politico del ritiro». La situazione è «ambigua» perché tale è «il compromesso tra i pacifisti e chi voleva un ampliamento della nostra presenza. Un’ambiguità che però ha un paletto preciso: al sud non si deve andare». Ma in Afghanistan sono già arrivati i reparti speciali: «Sarà utile comunque - sottolinea Cento al Giornale - che il ministro Parisi chiarisca la nostra presenza in Afghanistan».
C’è poi uno strumento di controllo, ricorda il sottosegretario, «ottenuto anche grazie all’azione dei Verdi: un Osservatorio che dovrà verificare, coinvolgendo la società civile, cosa sta realmente accadendo in Afghanistan e la situazione dell’impegno militare». L’assenza di militari nel sud «e il mantenimento delle regole d’ingaggio senza nessun coinvolgimento in fase offensiva - ribadisce Cento - sono i due punti fondanti dell’obbiettivo politico raggiunto.

La questione Afghanistan non può essere trattata come è stata affrontata nel dibattito parlamentare di luglio. Questa ambiguità - conclude - è un problema, sia per la sicurezza dei nostri soldati che per la tenuta del centrosinistra».

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