Dopo il crollo del prezzo del latte è il turno del riso. Ancora non si è giunti al paradosso dei costi di produzione più alti del prezzo di vendita, ma è chiaro che la tendenza non lascia spazio a prospettive rosee. A soffrire questa situazione di crollo del 30% in un anno è la provincia di Pavia, in particolare la Lomellina, area tra le più prestigiose al mondo nella produzione del riso di alta qualità. Bisogna considerare che la Lombardia produce 623mila tonnellate di riso allanno (con unaltissima concentrazione nel Pavese) una cifra che copre il 41,7% dellintera produzione nazionale, nonché il 22,72% dellintera quota europea. A pieno titolo si può ritenere che il riso sia unaltra delle eccellenze agricole lombarde.
Allapertura delle prime quotazioni dei mercati, solo un anno fa il prezzo al quintale dei risi interni, ovvero quelli più pregiati destinati al nostro mercato, batteva la cifra di 55 euro contro i 35 registrati questanno. Stessa musica per le produzioni da esportazione che sono passate dai 40 euro al quintale del 2008 agli odierni 25 euro.
Le ragioni di questo tracollo nelle quotazioni risiede in un problema interno al sistema stesso della risicoltura. In questa stagione, oltre alla borsa merci, apre i battenti la stagione dei pagamenti cui gli agricoltori sono chiamati a far fronte. Il problema è semplice quanto pericoloso: necessitando di liquidità i coltivatori immettono sul mercato il loro riso, sale così lofferta e di conseguenza crolla il prezzo. «Nel nostro settore abbiamo a che fare con costi di produzione molto elevati - spiega Tiziano Curti, vice presidente della Coldiretti di Pavia, delegato al riso per la zona del Pavese e risicoltore nella zona di Bascapè -. Ogni anno noi cerchiamo di non svendere, ma la difficoltà di stoccaggio di grandi quantitativi di prodotto insieme allincombere di pagamenti impellenti ci costringe a vendere per necessità di liquidità».
Ma un altro fattore si annida allinterno del sistema del mercato del riso. Di fatto gli interlocutori commerciali con cui gli agricoltori hanno a che fare sono pochi, grandi e potenti. Senza colpevolizzare nessuno, è chiaro però che il gioco commerciale è puntato a far ricadere sul produttore tutto il costo lungo il processo di filiera: «Se il mercato tira, va bene a tutti anche se si tende al deprezzamento, ma nei momenti difficili ci troviamo in balia dellindustria e non disponiamo di armi per poterci difendere», continua Curti. Secondo la Coldiretti pavese il problema risiede nel fatto che non è il mercato a fare il prezzo del riso.
Per il riso pavese questa si presenta come unannata particolarmente favorevole, ma paradossalmente questo potrebbe tradursi come un annuncio allarmistico per gli agricoltori pavesi: «Un aumento del prodotto sul mercato - conclude Curti -, porta con sé un trend preoccupante perché crescerà lofferta e di conseguenza crollerà anche il prezzo».
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