Noi umani siamo sempre di più mentre le risorse sono sempre di meno. Questo è il refrain di buona parte della letteratura ecologista e di molti guru dell’antiglobalizzazione, come Serge Latouche, che vorrebbero indirizzarci verso un’economia che abbandoni lo sviluppo e punti verso una decrescita, più o meno serena. E oltre a Latouche si potrebbero elencare moltissimi altri nomi, noti e meno noti, che hanno costruito una fortuna sul «bio allarme»: Al Gore, Naomi Klein, Jeremy Rifkin, Nicholas Georgescu-Roegen, Vandana Shiva, l’italiano Maurizio Pallante...
Molto meno numerosi gli autori che si sono apertamente schierati contro questa concezione neomalthusiana della realtà. E che scommettono sulla capacità dell’uomo di non provocare nessuna catastrofe ambientale.
Tra questi vanno segnalati due italiani, Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari. Dopo due volumi sulle bugie degli ambientalisti ora sono in libreria con un nuovo saggio - I padroni del pianeta (Piemme, pagg. 206, euro 13,50) - che presenta una tesi che farà venire i capelli dritti a qualunque allarmista o fan del «si stava meglio quando si stava peggio»: le risorse disponibili sono in drastico aumento. E più aumenta la popolazione mondiale e l’industrializzazione, più aumenteranno le risorse. Stupiti? Ecco come Antonio Gaspari, coordinatore scientifico del Master in scienze ambientali dell’Università Europea di Roma, ci spiega le conclusioni a cui è giunto assieme a Cascioli.
Le risorse aumentano? La stampa mondiale non ci dice da anni il contrario?
«Non solo i giornali, anche un pezzo della comunità economico-scientifica ha l’abitudine di descrivere il mondo come se fosse una torta finita, la società come se fosse fissa. Quindi guardando le cose in quest’ottica ogni aumento dei consumi non può far altro che assottigliare le risorse... ».
E invece?
«Invece le risorse crescono molto più della popolazione. La prova è proprio la crisi attuale, una crisi da sovrapproduzione... Produciamo più di quanto possiamo consumare. Chi ritiene le risorse come un dato fisso pensa l’uomo solo come consumatore. Invece l’uomo crea, ridefinisce, sviluppa... Quindi il concetto di risorsa cambia continuamente. L’unica vera risorsa da cui non si deve mai prescindere è il valore del capitale umano e sociale».
Faccia un esempio...
«Lo sviluppo tecnologico dei computer ha trasformato il silicio in un processore, mentre prima era poco più che sabbia... L’uomo non consuma. È piuttosto il motore che crea e moltiplica le risorse. Abbiamo più riserve di petrolio oggi che negli anni Cinquanta. E ai tempi di Marco Polo il petrolio era solo un liquido puzzolente».
Quindi se abbiamo problemi economici non è per colpa della produzione o del livello delle riserve energetiche?
«Il problema maggiore sono proprio le crisi speculative. Siamo più attenti ai titoli e alla carta che alla produzione reale. Basta pensare alla speculazione sul petrolio, i cui prezzi sono saliti in modo esponenziale e in maniera assolutamente scollegata. E l’altro grande rischio è la politica di riduzione delle nascite. È folle: le persone, i giovani, i cervelli sono la medicina, non la malattia».
Faccio l’avvocato del diavolo. Non esistono limiti strutturali allo sviluppo del pianeta?
«I limiti sono relativi, non fissi. È il capitale umano che moltiplica le risorse. Se parliamo di risorse naturali l’Africa batte tutti per ricchezza. Nella realtà è povera a causa dello scarso capitale umano a disposizione per farle fruttare, e in più noi tutti continuiamo a dire agli africani che non devono usare le tecnologie che abbiamo usato noi, colti da non si sa bene quale ecoterrore. E intanto noi diventiamo sempre più vecchi. Senza contare che le risorse di 3/4 del pianeta, quelle marine, non sono state ancora intaccate. Sa qual è la sola cosa folle? Il sottosviluppo, è il sottosviluppo a essere insostenibile».
Eppure in molti postulano il ritorno a un’economia meno globale. A partire dall’agricoltura biologica...
«Gli effetti dell’economia della decrescita sono già belli che dimostrati... Mi ricordo un agricoltore del Mali che ho incontrato a Roma mentre si stava recando a Bruxelles per parlare di Ogm. Mi ha detto: “Io gli europei non li capisco. Noi in Africa l’abbiamo l’agricoltura biologica e ci fa morire di fame e depaupera i terreni. Dove arriva la tecnologia invece i livelli di produzione diventano subito migliori e la gente inizia a star meglio. A meno che il biologico non sia solo un modo per tenere i prezzi alti... ”».
E la questione dell’acqua come risorsa in via di esaurimento?
«Nessuno qui, sia chiaro, sta facendo inni agli sprechi... Ma l’acqua si risparmia proprio con l’agricoltura ad alta tecnologia. Guardi l’esempio di Israele che ha fatto fiorire un deserto. L’agricoltura assorbe il 70 per cento delle risorse idriche: le campagne sull’“usate la doccia e non la vasca” sono ridicole... Sono agricoltura e rete idrica che vanno modernizzate. Scatenare il terrore della scarsità è una bestemmia».
Insomma le campagne anti tecnologiche e di «terrorismo» sulla fine delle risorse non avrebbero motivi logici. Ma allora da dove vengono?
«Ci sono degli “idoli”, dei miti duri a morire che influenzano il nostro modo di pensare. Tra questi l’idea del buon selvaggio che deriva da Rousseau e l’idea folle che la natura starebbe meglio senza l’uomo. Per fare un esempio terra terra: la vicenda di quel ragazzo scappato in Alaska e raccontata nel film Into the wild».
E sono miti sbagliati?
«Se fossimo rimasti dei cacciatori raccoglitori, allora sì che non ci sarebbe bastato il pianeta... E, quanto al buon selvaggio, chiunque abbia vissuto in una foresta sa quanto quell’ambiente sia terribile. Quanto alla Terra senza l’uomo e alla sua incontaminata bellezza... a che serve se nessuno la guarda?».
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