La risposta è no

Giancarlo Caselli continua a sostenere che la Procura di Palermo ha dimostrato la mafiosità di Andreotti sino al 1980, dunque che il mitico processo del secolo non avrebbe fallito, anzi. Penalmente non ne è rimasta in piedi una riga, Andreotti è stato assolto, baci e trame e regalie non sono stati dichiarati prescritti ma falsi, la stampa di tutto il mondo si è limitata a registrare ciò che solamente conta in uno Stato di diritto moderno: Andreotti non è stato condannato, ergo è innocente, ergo il processo non si doveva fare, ergo non si dovevano sottrarre risorse altrove destinate, ergo chi l’ha fatto ha fallito. Invece Caselli seguita ad avallare una funzione che la Giustizia non ha mai avuto: quella, non potendo indagare penalmente per dei reati che si sanno prescritti, di poter nuocere al buon nome di un imputato per ragioni extra-penali, dunque di fare della storiografia giudiziaria: ma la vera giustizia è cinica, economica, pratica, non conosce altre risultanze che non siano quelle processuali, vuole solamente stabilire il tuo status giuridico, vuole sapere se devi essere sanzionato a tutela dei cittadini. La risposta stabilita, nel caso, è no.

La pubblica accusa, dopo un esito del genere, fossimo stati negli Usa, probabilmente sarebbe passata ad altro mestiere. Non chiediamo tanto a Caselli: gli chiediamo che si risparmi l’umiliazione di scrivere continuamente ai giornali: con ciò ricavandone, via via, titoli sempre più piccoli.

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