nostro inviato a Gerusalemme
Gli stanno titillando l'udito, rovesciandogli nelle orecchie brani su brani di musica di Mozart, il suo autore preferito. E questo per risollevarne lo spirito. Gli fanno annusare piatti di shawarma, piatto povero ma stuzzicante a base di pollo o agnello ritagliati in brandelli sottili da certe torreggianti colonne di carne speziata che ruota in verticale sugli spiedi di migliaia di baracchini in ogni angolo del Medio oriente. E questo per risvegliare un'altra delle sue grandi passioni, quella per la tavola. Prossimamente, dice qualcuno (ma per celia, ora che è autorizzata dall'ottimismo dei medici) i figli Omri e Gilad, che si alternano al capezzale di Sharon gli faranno sentire in stereofonia un bel crepitare di mitra e il rombo del vecchio, caro cannone: altra musica non meno gradita di quella di Mozart alle orecchie del vecchio Arik.
Il bello è che tutto questo pare stia funzionando. Il dottor Yoram Weiss, l'anestesista che ha spedito nel cosmo farmacologico il premier israeliano e ne sta ora guidando la fase di rientro sulla terra, dice che Sharon «non è più in pericolo immediato». E spiega: «Eravamo sul bordo del precipizio e abbiamo fatto cinque passi indietro». Tutti i parametri presi in considerazione: respirazione, pressione del sangue, pulsazioni cardiache, produzione di urina e pressione intracranica sono nella norma, si compiace il direttore dell'ospedale Hadassah, Shlomo Mor Yosef, al suo ennesimo appuntamento con la stampa che attende la fumata bianca delle 4 del pomeriggio battendo i piedi nel freddo di queste giornate umide e ventose.
«Tutto ciò - aggiunge il timoniere del più grande ospedale del Medio oriente - indica stabilità nelle condizioni del primo ministro». Altra buona notizia, correlata a un certo risveglio delle capacità cerebrali di Sharon sta nel fatto che il malato ha mosso la mano e la gamba destra «in modo più marcato rispetto a lunedì, ed ha mosso anche la mano sinistra. Tutti segnali che indicano un progressivo migliorameno nell'attività neurologica». Bisognerà attrezzarsi di santa pazienza, dice l'anestesista Weiss, e aspettare fino a quando l'organismo del malato non si sarà liberato, espellendoli, degli anestetici che gli sono stati somministrati. L'altra buona notizia è che Sharon respira autonomamente, anche se per prudenza resta attaccato a una macchina per la ventilazione artificiale.
Certo, se i medici che fin dal mese scorso avevano messo le mani sul paziente più illustre d'Israele avessero notato un indebolimento, forse congenito, nei vasi sanguigni del suo cervello, l'emorragia cerebrale che lo ha portato a un passo dalla morte avrebbe potuto essere evitata. Lo scrive il quotidiano Haaretz (citando fonti anonime dell'ospedale) che al male oscuro di Sharon, una malformazione peraltro difficilmente diagnosticabile, dà il nome di angiopatia amiloide cerebrale.
Il mese scorso Sharon era stato sottoposto a risonanza magnetica e a una Tac in seguito al leggero ictus cerebrale provocato da un grumo di sangue che lo aveva tramortito. Ebbene, in quell'occasione, i medici non si sarebbero accorti della congenita debolezza dei vasi sanguigni del premier. Ed è per questo, scrive sempre Haaretz, che nella fase successiva della malattia di Sharon si largheggiò in termini di farmaci anticoagulanti che hanno tra i loro risvolti negativi quello di poter scatenare un'emorragia cerebrale.
Ma è una polemica sterile, montata ad arte forse per vendere qualche copia in più, o nata in base a cattive informazioni. Insomma, non c'è niente di vero, ribadisce il direttore dell'ospedale, in quel che scrive Haaretz. I medici che lo hanno avuto in cura fin dal primo momento conoscevano benissimo ogni dettaglio del «motore» di Sharon.
Quel che non potranno fare i medici, ad ogni buon conto, forse potrebbe riuscire al genio di Mozart, pensano i figli di Sharon.
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