Ritorno alla natura, il reality pulito di Retequattro

Into the wild è il titolo del bellissimo, tristissimo film di Sean Penn basato sul romanzo «Nelle terre estreme» di Jon Krakauer. Into the wild, ritorno alla natura è anche il titolo di un bellissimo reality (non lasciatevi scoraggiare dalla parola, lo è in senso molto diverso) andato in onda su Retequattro lunedì in prima serata.
Condotto dal campione di apnea Umberto Pelizzari, un omone pieno di record ed esente da divismo, il format prevede il reclutamento di quattro persone comuni disposte a vivere per dieci giorni a stretto contatto con la natura, in condizioni di vita a dir poco spartane.
«C’è un biglietto per te. Fatti trovare domani a Linate» è la formula con cui Pelizzari comunica al prescelto che l’avventura sta per iniziare. Ventiquattro ore per congedarsi da lavoro, fidanzate, figli e per preparare uno scarno bagaglio. Destinazione: Sudafrica. Davanti all’aeroporto milanese, l’atleta chiede a ognuno di consegnargli orologio e cellulare. Pronti (mica tanto), via. Ci sono: una commessa padovana di trentadue anni, Giorgia Rambaldi, che cerca la disintossicazione dalla modernità; un imprenditore di quarantaquattro anni, Nicola Trasatti, in fuga dalla pressione di soldi-impresa-successo; un disoccupato che di anni ne ha trentacinque e di vita se ne sta cercando una, Michelangelo D’Alessio; e una personal trainer quarantaduenne che ha un figlio, un pessimo rapporto con gli uomini e vuole ricominciare da ciò che a tutti sfugge: la natura. Arriva a Linate con miniabito e tacchi ma la solfa cambia alla svelta.
Tende per dormire, fuoco da accudire, scatolette da mangiare. Sopra di loro il cielo della Savana, intorno a loro una serie di fattori mortali: serpenti, insetti, coccodrilli, leoni...
Montata in una sola puntata, con splendide immagini di animali e paesaggi, il relaity non lascia spazio né a trama, né a spettacolo. Non insiste sulla caratterizzazione dell’uno o dell’altro, non perde tempo su dinamiche pruriginose, non intercetta scazzi e amorazzi. C’è la partenza, la motivazione, il viaggio (da Port Elizabeth a Cape Town, perché figuriamoci se si perdono lo squalo bianco).

E poi ci sono quattro persone che fanno i conti con ciò con cui non possono evitare di fare i conti trovandosi in mezzo alla Savana. Solo alla fine c’è una specie di brevissimo confessionale per ognuno, davanti all’oceano. Con lacrime, bilanci e metamorfosi.

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