«Una ritorsione politica la rapina alla Statale»

Fu «un’azione polemica-provocatoria con tratti ritorsivo-dimostrativi contro gli avversari politici» quella messa in atto da Valerio Ferrandi, figlio di Mario, ex terrorista di Prima Linea, che assieme ad altri quattro giovani anarchici milanesi il 2 ottobre 2009 rapinò e picchiò alcuni studenti della cooperativa Cusl dell’Università Statale, che avevano richiesto loro il pagamento di fotocopie di volantini fatte dagli stessi anarchici.
Lo scrive il giudice per le udienze preliminari Luigi Varanelli, nelle motivazioni della sentenza emessa con rito abbreviato il 22 aprile scorso, che ha condannato Ferrandi a due anni e sette mesi di reclusione e gli altri quattro giovani, appartenenti all’area antagonista milanese del centro sociale Zero di Porta Ticinese e al «Collettivo autonomo Ringhiera», a pene che vanno dai due anni ai due anni e tre mesi di reclusione.
Ferrandi, già raggiunto da un provvedimento di sorveglianza speciale da parte del tribunale di Milano e condannato tre volte in via definitiva, era stato arrestato lo scorso novembre assieme agli altri quattro. Stando alle indagini, i cinque giovani si erano rifiutati di pagare 700 fotocopie di volantini contro la riforma Gelmini fatte nella sede della Cusl e se ne erano andati dopo aver picchiato alcuni ragazzi con cui avevano avuto precedenti contrasti per motivi politici. Secondo il gup, non si trattò di «una semplice bravata di ragazzi», ma di un episodio che avrebbe potuto alimentare «gratuitamente la tensione nella vita dell’ateneo» e portare a «derive verso spirali violente del tutto spropositate e inquietanti».

Tutt’altro, dunque, che una semplice «una contrapposizione politico-ideologica», cosa peraltro «legittima in un normale confronto dialettico veramente democratico» e «alieno da grigi unanimismi e omologazioni di massa».

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