Ritrovato il diamante blu di Titanic

Il "cuore dell’oceano" reso famoso dal film e appartenuto al Re Sole non è sul fondo dell’Atlantico, ma in una teca dello Smithsonian Institute a Washington

Ritrovato il diamante blu di Titanic

Misure, calcoli, leggende. Si è mischiato tutto, e alla fine il risultato: il diamante blu conservato allo Smithsonian Institute di Washington è davvero il “cuore dell’oceano”, la mitica pietra resa celebre dal film Titanic. Alla fine del kolossal di James Cameron la protagonista, ormai avanti con l’età, getta il gioiello nell’Atlantico. Ma non è sui fondali oceanici che si trovava la gemma appartenuta al Re Sole, bensì in una teca del museo americano, al sicuro da alghe e onde. La prova è arrivata grazie a uno studio condotto dai ricercatori del Museo nazionale francese di storia naturale.

Fra storia e leggenda. Le origini del diamante Blu, così chiamato per il colore dei riflessi che lo impreziosiscono, risalgono all’inizio del Settecento quando, negli ultimi anni del suo lunghissimo regno, il Re Sole si fece tagliare una pietra di 115,6 carati proveniente dal Regno indiano di Golconda. Dopo due anni di lavoro, l’artigiano Pittau confezionò per il sovrano francese una gemma di 68 carati a forma di uovo di piccione. Dalle mani di Luigi XIV il diamante blu passò in quelle di Luigi XV e, poi, in quelle di Luigi XVI. Ma, dopo che l’ultimo re di Francia fu ucciso sulla ghigliottina, la pietra sembrò essere persa per sempre.

Persa e ritrovata. La pietra indossata che Kate Winslet indossa in Titanic, però, non era scomparsa. Nel 1812, a Londra, il banchiere della City Henry Philip Hope acquista un diamante blu, che da allora porta il suo nome, “speranza”. Col passare del tempo la pietra subisce una serie di lavorazioni: viene tagliata più volte, fino a raggiungere la forma e il peso attuale di 44,5 carati. Per molti, Hope è Blue. Ma per anni non c’è la prova. Il mistero ora sembra finalmente svelato. Lo scorso anno il ritrovamento di un modello del diamante blu negli archivi del Museo francese ne ha permesso la comparazione con l’esemplare conservato al museo di Washington. Grazie a strumenti di precisione forniti dallo Smithsonian, il gruppo di ricercatori francesi ha verificato che i due gioielli coincidono alla perfezione, nonostante le variazioni subite nel tempo. “E’ molto di più che un’ipotesi” hanno spiegato gli studiosi, che hanno pubblicato le loro ricerche sulla Revue de Gemmologie.

“Abbiamo condotto analisi con scanner e laser, che sono state confermate da esperti gemmologi”. Escludono che la Francia possa chiedere la restituzione della pietra. La storia del diamante blu, per ora, sembra finita. In una teca.

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