Verso le 20,45 la Franca fece capolino nella sala delle riunioni.
«Direttore mi scusi, ci sarebbe quella telefonata...».
«Certo, certo Franca. Abbiamo quasi finito, grazie».
Quando la Franca interrompe, sia pure per cinque secondi, la riunione, i casi sono due: o la riunione ha «sforato» di oltre mezzora, oppure da «quella telefonata» dipendono le sorti del giornale. Questa seconda eventualità, a memoria duomo si è verificata soltanto due volte: quando la sua vocina annunciò un black out, e quindi tutti corsero a spegnere i computer per scongiurare il disastro, e quando, preoccupatissima, lanciò un allarme-bomba, e quindi tutti ci precipitammo in strada sciamando come ragazzini lultimo giorno di scuola, certi che si trattasse (come infatti fu) dello scherzo di un cretino.
Ma mercoledì scorso si stava verificando un terzo caso: la riunione aveva «sforato» di quasi unora, non di mezza, e «quella telefonata», in effetti, era molto, molto importante...
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La Franca è la segretaria di redazione più efficiente, discreta e affidabile del mondo. E poi, quando mincontra nei corridoi fa sempre un bel sorrisone e scambiamo quattro chiacchiere, tanto che i primi tempi credevo di piacerle un po. Ma poi ho capito che è fatta così e basta. Per questo rimasi di gesso quando, alla macchina fotocopiatrice, neppure mi salutò. Addirittura, parve volermi evitare: arraffò le sue scartoffie e corse nel suo ufficio.
Problemi in famiglia o con il moroso, pensai. E tornai alla mia scrivania al piano di sopra.
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Erano le 21,15 e quelli stavano ancora riuniti. Ma la Franca, alla quale era stato impedito di fare straordinari, non si azzardò a infilare di nuovo la testolina oltre la porta della sala riunioni. Mise in borsa le sue cianfrusaglie. Andò in bagno a rassettarsi. Telefonò al moroso per avvertirlo, come ogni sera, che stava uscendo. Non salutò nessuno, perché nessuno era rimasto, in segreteria di redazione. E se ne andò.
Io, nel frattempo, al piano di sopra, avendo già chiuso in tipografia le mie pagine grazie al via libera ottenuto da un vicedirettore incrociato per caso alla macchinetta del caffè poco dopo le 19,30, stavo scrivendo questo racconto.
Nel senso che stavo abbozzando un racconto che ruotasse intorno al seguente spunto: una riunione di redazione si protrae così tanto che, quando i capiredattori tornano nelle rispettive redazioni, non trovano più nessuno... E quindi il giornale non esce. Una cosa del genere. Dovevo lavorarci un po sopra, far concordare due o tre situazioni, scegliere i personaggi reali da nascondere dietro nomi di fantasia.. Ma, insomma, lidea mi piaceva. E stavo cercando di svilupparla...
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Alle 21,30 iniziava su Rete4 un vecchio giallo che non avevo mai visto. Dato che mi toccava la guardia al bidone e che quindi prima delle 23,30 non me ne sarei andato a casa, dopo aver inviato un paio di mail e fatto qualche telefonata, accesi la tv.
Soltanto ai titoli di testa realizzai che il caporedattore non era ancora tornato dal terzo piano. Tre ore secche di riunione: probabilmente era record mondiale.
«Roba buona», disse Claudio, il fattorino, entrando con passo malcerto, reggendo dei pacchi.
«Metti qui, grazie. Ma senti un po: la riunione stasera non finisce più?».
«Boh. Forse è scoppiata la terza guerra mondiale», disse il Claudio buttando un occhio alla tv. «Ah, bello questo, lho visto tre volte».
«Adesso controllo sulle agenzie», risposi aprendo il primo pacco di libri che mi aveva appoggiato sulla scrivania.
«Be, io smonto fra poco. A domani».
«Ciao Claudio».
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Alle 21,50, durante la prima pausa pubblicitaria, non essendoci ancora traccia del caporedattore scesi al terzo piano, deciso ormai a fare irruzione in sala riunioni con una scusa qualsiasi. Bussai energicamente. Silenzio. Aprii la porta. Nessuno. Incredibile. Spariti tutti con ancora una ventina di pagine da mandare in tipografia.
Richiusi la porta e mi precipitai nellufficio dei capiredattori centrali.
«Che cè? È morto il Papa?». Lucidi stava trafficando con la mazzetta dei giornali dei «capi», ovviamente la più ricca e completa. «Mai che lascino la Gazza, questi qui. Devo controllare il Fantacalcio».
«Piero, è pazzesco, dalla riunione sono spariti tutti...».
«Riunione a questora? Sei scemo?».
«Sì, la riunione. Non è ancora finita... Cioè... è finita, evidentemente, visto che non cè più nessuno, ma la gente è andata via...».
«E a me che mi frega? Io sono di riposo...».
«Va be, ma ti sembra possibile che se ne vadano tutti con mezzo giornale ancora fermo?».
«Cazzi loro. Stammi bene», e uscì accendendosi una sigaretta.
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«Scusi lora, signora. Sono A... È una cosa piuttosto urgente...».
«Ah, buona sera. Dica».
«Non lho svegliata spero...».
«No, non si preoccupi. Stavo guardando un vecchio film, ma adesso cè la pubblicità».
«Cè suo marito?».
«No, non cè, è al giornale. Riprovi pure verso mezzanotte».
«No, signora, non cè al giornale...».
«... come non cè?».
«Non cè. Qui non cè più nessuno. Pensavo infatti che il direttore fosse già a casa perché...».
«... aspetti un attimo, mi suona il citofono \. È lui. Sta salendo. Vuole che glielo passi?».
«Sì, grazie... Anzi no, meglio di no, signora....».
«Ma non era una cosa urgente?».
«Sì, però... No, gliene parlo domani. Grazie signora. Mi scusi ancora eh. Buona notte».
«Si figuri. Buona notte».
Erano le 23,15.
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Oggi (ieri per chi legge) ho appreso quale fosse il contenuto di «quella telefonata». Ma, a questo punto, non minteressa più. Perché oggi (ieri per chi legge) ho dato le mie dimissioni. Assolutamente irrevocabili. Il giornale di ieri (laltro ieri per chi legge) è uscito con 20 pagine nelledizione nazionale, invece di 40. È uscito senza la cronaca di Milano. È uscito con 6 pagine senza fotografie. In prima pagina cera scritto, in un titolo, «scuola» con la «q». Abbiamo (hanno) «bucato», in ordine di foliazione: larresto di un ministro del quale ometto il nome e per sicurezza anche il cognome, il summit Bush-Putin, la chiusura del «Leoncavallo», laddio al calcio di Paolo Maldini.
Sintitolava «Io ci provo», e cominciava così: «Verso le 19,45 la Franca fece capolino nella sala delle riunioni...».
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