La rivolta delle Province: «Faremo ricorso alla Corte costituzionale»

L'annuncio del presidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione: «Ci attiveremo subito presso i Consigli regionali delle autonomie locali per richiedere l'impugnazione»

Una modifica in corsa, che almeno dilata i tempi, c'è stata. Ma le Province, dopo 150 anni di storia, non ci stanno a essere cancellate. E annunciano: «Faremo ricorso alla Corte costituzionale».
La minaccia di ricorso alla Consulta, con richiesta al Parlamento di stralciare le norme approvate dal governo, arriva da un ordine del giorno stilato tra il clamore dei delegati (arrivato all'arrivo della notizia della firma del presidente Napolitano del decreto Monti). Anche se aumentano le speranze di poter aggiustare il tiro, grazie a una modifica apportata dal governo all'ultimo momento all'articolo 23, resa nota dal presidente dell'Upi Giuseppe Castiglione.
La strategia messa in campo da Castiglione ha previsto anche un forte ricorso ai numeri. Per controbattere alle accuse di istituzione spendacciona e non propriamente utile per le sorti del territorio, il presidente dell'Upi ha presentato uno studio della Bocconi, significativamente intitolato «Una proposta per il riassetto delle Province». Chiaro il messaggio: le Province, viene rilevato tra l'altro, nel 2010 hanno assorbito il 4,5% della spesa corrente, contro il 72,7% delle Regioni e il 22,8% dei Comuni. Ma pur avendo incassato l'ufficialità delle cifre, la notizia della firma del Capo dello Stato del decreto Monti ha acceso gli animi e costretto il board dell'Upi a stilare un ordine del giorno decisamente duro, nel quale si «richiede al Parlamento di stralciare le norme ordinamentali» e di «portare immediatamente in Aula le diverse proposte sull'abolizione o razionalizzazione delle Province, in modo che si apra un dibattito serio su quale debba essere il modello di forma di Stato nel nostro Paese». Il documento chiede poi a regioni e Comuni «di condividere insieme una proposta di riforma delle istituzioni che parta dai territori», ma soprattutto rende noto che le Province «si attiveranno fin da subito presso i Consigli regionali delle autonomie locali per richiedere l'impugnazione davanti alla Corte Costituzionale delle norme lesive dell'autonomia politica e istituzionale delle Province».
Castiglione fa sapere poi di aver apprezzato le modifiche al testo del decreto (che fa guadagnare un po' di tempo sulla paventata interruzione dell'attività dei consigli provinciali) ma di non aver mutato il giudizio negativo sulla norma. La versione definitiva del provvedimento, chiarisce, «non sposta di una virgola la posizione e il giudizio nettamente negativo espresso dall'Upi in questi giorni». Dunque l'articolato «deve essere stralciato dal decreto perché le riforme istituzionali, per avere un effetto reale di riduzione della spesa pubblica, non possono essere improvvisate e debbono invece essere condivise e complessive».
Il presidente dell'Upi chiama poi in causa anche Angelino Alfano, segretario del Pdl in cui milita anche lui stesso con la carica di coordinatore in Sicilia. «A nome dei 37 presidenti del Pdl - scrive - chiedo ad Alfano di chiarire quale sia la posizione del partito sulle norme previste dalla manovra economica che intervengono ad abolire le Province», sollecitando anche la convocazione immediata degli organi del partito per affrontare «in maniera collegiale la questione del riassetto complessivo delle istituzioni e le azioni decise per intervenire a ridurre i costi reali della politica».

La stessa cosa fa con il suo segretario di partito, il Pd, Antonio Saitta, vicepresidente Upi e presidente della Provincia di Torino: in una lettera chiede, a nome dei 44 presidenti del Partito democratico, di incontrare il segretario Pier Luigi Bersani per sollecitarlo a un confronto con i presidenti delle Province prima del dibattito in Parlamento.

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