Avigliana (Torino)Un vero e proprio cda aperto ai giornalisti. Paolo Vitelli, presidente-fondatore del gruppo Azimut-Benetti, la figlia Giovanna, l'ad Paolo Casani, la responsabile risorse umane Anna Rota, il direttore marketing Francesco Ansalone: una parata da grandi occasioni. Per spiegare che cosa? Della svolta epocale di Avigliana, quartier generale del gruppo: «Vogliamo che questo momento di sofferenza - dice subito Paolo Vitelli - diventi, al contrario, una vittoria del made in Italy e di tutto il Paese. C'è chi ha scelto di delocalizzare in Cina e chi, come noi, di tornare alle origini». Con un piano in tre mosse.
La prima: si chiude il cantiere turco di Bursa e si investe ancora in Italia puntando ancora una volta all'eccellenza assoluta: «Agli armatori - aggiunge - non piacciono le barche italiane costruite all'estero». Intoccabile, invece, Azimut-Brasil, causa dazi insostenibili che gravano sull'export.
La seconda: occorre sacrificare il cantiere di Gropparello (Piacenza), ex Gobbi, che oggi costruisce le barche a marchio Atlantis. «Scelta dolorosa, ma è improduttivo». Ai 180 operai è stata già offerta una ricollocazione.
«Sia chiaro - interviene Paolo Casani - non è un'operazione di macelleria sociale, ma alcune cose dovranno cambiare perché imposte dal mercato. Sarebbe pericoloso fare i romantici nel mezzo di una crisi globale che ha stravolto tutte le regole del gioco».
La terza: riorganizzare Avigliana «diminuendo i costi di produzione, che qui sono i più alti in assoluto - aggiunge Casani - Rivedere le pause, monitorare l'assenteismo, ripensare gli straordinari introducendo il recupero ore con un orario più flessibile». Per farla breve: «Ridisegnare un'azienda alla tedesca, razionale, efficiente, più produttiva. E magari in futuro - è il Vitelli-pensiero - anche con un rappresentante Rsu nel cda».
C'è carne al fuoco sul tavolo che si aprirà martedì con i sindacati. I quali - tutti tranne uno (leggi Cobas) - hanno dimostrato consapevolezza e disponibilità al dialogo.
I punti in discussione non sono pochi e il confronto non sarà facile: in ballo anche i sabati lavorati, i tre turni, i premi di risultato legati agli obiettivi (si potrà guadagnare di più), le normative. «Ma i presupposti per un'intesa ci sono», aggiunge Paolo Casani. Il quale annuncia anche un ridimensionamento delle figure «indirette»: impiegati, logistica e altro ancora. «Senza toccare gli operai». Che nella casa madre di Avigliana sono 1.100, di cui 300 in cassa integrazione fino al primo dicembre.
Nel 2011 dallo stabilimento piemontese sono uscite 124 imbarcazioni. Se si arrivasse a un accordo, la produzione potrebbe aumentare a 160 unità. Per capire meglio la portata della crisi è sufficiente andare indietro nel tempo, quando si costruivano 300 barche l'anno.
Tuttavia il messaggio dell'azienda è forte e chiaro: «Il gruppo è solido, non è indebitato - conclude Vitelli - vogliamo semplicemente blindare questa solidità per il futuro. La razionalizzazione pagherà nel medio-lungo termine. Una sorta di scudo che metterà al riparo sia l'azienda sia i lavoratori. E non cerchiamo soci o acquirenti».
Intanto, in attesa di capire come finirà l'operazione area ex Baglietto di Varazze, Vitelli e Casani annunciano che, in caso di fallimento della trattativa, la produzione turca e piacentina potrebbe essere spalmata sui siti di Fano e Viareggio. «Ma anche sulle eccellenze terze liberate lungo l'Adriatico dal gruppo Ferretti».
L'ultima battuta di Vitelli è per l'amministrazione locale: «Abbiamo un contenzioso di un milione di euro per la Tarsu. Ma i rifiuti li abbiamo sempre smaltiti da soli...». Questione di feeling.
Sull'asse Avigliana-Piacenza, infine, il tam tam è più veloce dei media. A poche ore dall'annuncio, un Pierluigi Bersani in tour elettorale si è catapultato tra gli operai Atlantis.
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