Rivoluzione Michelin la Rossa scopre le trattorie

Restelli: «Assieme alle stelle, la gente ha voglia anche di posti dove si mangia bene e si spende poco»

Un tempo la Michelin, per tutti sinonimo di pneumatici e per moltissimi di alta e ricca cucina, invitava i giornalisti in ristoranti da mille e un sogno, quei santuari del mangiarbene che è più facile bramare che gustare. Lunedì sera nulla di tutto questo. L’invito era in una laterale di corso San Gottardo a Milano, al 6 di via Gentilino, dove un tempo era uno spettacolo seguire il gioco delle bocce secondo il sistema “alla milanese”, archeologia meneghina ormai e non solo lì. Oggi resiste la Trattoria Madonnina, tavoli all’interno, tavoli in cortile e gabinetti alla turca in quella che era l’aia di una casa di ringhiera e un menù in cui sono banditi gli antipasti. Poche proposte, una dozzina: primi a 7 euro (gnocchi allo zola, risotto giallo...), secondi meno del doppio (cassoeula, stinco di maiale, goulasch...), torta del giorno a 4, pane e coperto 2.
Atmosfera simpatica, da cena con gli amici a pensare e chiacchierare senza farsi tante menate sulla cucina d’autore, le sferificazioni e quant’altro oggi concorre a fare ricca la tavola di qualità. Ma se la Michelin, abituata ai locali stellati, invita in un posto da un pugno di euro è per un motivo vero e serio, non certo per risparmiare. È stato infatti presentato il 22° titolo della collana Alberghi&Ristoranti, ventiduesimo a livello mondiale (24 i Paesi interessati) anche se ha ben poco da spartire con la secolare guida rossa. Come in Francia dal 2007 e come sarà in Spagna l’anno prossimo, ecco uscire in Italia «Le trattorie della guida Michelin», sottotitolo «A tavola con gusto e poca spesa».
La svolta è clamorosa, come se la Ferrari uscisse con un’utilitaria senza diamanti e ruote in seta. Clamorosa, non tanto perché la guida del pneumatico ignorasse le insegne a buon prezzo, tutt’altro, quanto perché adesso dedica loro una pubblicazione a parte. In 380 pagine, sono esaltati gran parte dei cosiddetti Bib Gourmand, quei locali segnalati dal faccino dell’omone Michelin mentre si lecca i baffi, circa 250 indirizzi, più altrettanti che non sono nella guida top.
Se i ristoranti che offrono «pasti accurati a prezzi contenuti», per usare le parole della redazione, spariscono al cospetto delle stelle, nella novità sono portati in palmo di mano anche se non esiste un simbolino ad hoc, come ad esempio avviene nella guida del Gambero Rosso. Ha spiegato Roberto Restelli, ex responsabile della guida storica, ora alla comunicazione del gruppo: «Ci siamo accorti che siamo considerati “quelli dei posti che costano un occhio” e noi stessi a volte ci chiediamo chi si può permettere certi conti. Abbiamo registrato una precisa richiesta da parte dei nostri lettori di insegne di buona qualità a un prezzo più contenuto: questa è la nostra risposta».
Così a Milano uno può scegliere tra Cracco a 98/132 euro e Dongiò a 22/33 piuttosto che tra Sadler a 71/114 e l’Angolo d’Abruzzo a 17/30. Ancora Restelli: «Il nostro spirito è quello di individuare i bisogni di chi acquista le nostre pubblicazioni, senza contare che per la guida tradizionale abbiamo sempre raccolto una notevole massa di informazioni, usate in seguito solo in parte. Così mettiamo meglio a frutto il lavoro degli ispettori».


Non è la sola novità: lontani i tempi in cui la Michelin si esprimeva solo attraverso simbolini. Le ultime uscite sono sempre più scritte, con tanto di piatti raccomandati per ciascun esercizio evidenziato: arrosticini, stracotti e coda alla vaccinara.

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