La rivoluzione non va Piano: ecco come Sesto cancella Falck


nostro inviato a Genova

Sceglie il suo studio di vetro e legno a picco sul mare Renzo Piano per illustrare la filosofia che ha ispirato la nuova versione del progetto per l’ex area Falck di Sesto San Giovanni. E non potrebbe esserci luogo migliore del «buen retiro» genovese per tradurre in pratica i concetti cardine del suo lavoro: trasparenza, leggerezza e natura.
Risale a novembre, infatti, la cessione dell’area di proprietà della Risanamento di Zunino alla cordata guidata dall’imprenditore milanese Davide Bizzi, cui partecipano Intesa San Paolo, Unicredit, Bpm e Honua Group. Un affare da 2,6 miliardi di euro - 405 milioni di euro il costo dei terreni - per una superficie di 1,5 milioni di metri quadri, uno sviluppo stimato in dodici anni. Lunedì l’architetto ha presentato ufficialmente al Comune di Sesto il progetto preliminare per il recupero e lo sviluppo urbanistico dell’area occupata un tempo dalle acciaierie. Il percorso è avviato: ora parte l’iter burocratico che dovrebbe portare all’accordo di programma con Provincia e Regione e alla cantierizzazione entro il 2012. Nella stessa giornata è stato siglato l’accordo quadro con le Ferrovie dello Stato, proprietarie di un’area da 120mila metri quadri: la società cederà parte i terreni, i costruttori realizzeranno la nuova stazione.
E proprio la stazione è il punto di partenza: oltre al «fiume di binari», come lo chiama l’archistar, si svilupperà la nuova Sesto. Da qui partirà l’asse diagonale - di cui è stato modificato il tracciato - che condurrà per oltre un chilometro fino al T5, una delle «cattedrali di acciaio», imponente testimonianza del passato della Falck. Un cannocchiale ottico che consentirà di immergersi con lo sguardo nel parco pubblico da 450mila metri quadri. Il viale rappresenta bene la filosofia ispiratrice del masterplan: tutti gli edifici - il costruito complessivamente occuperà solo il 13% dell’intera area - saranno «sospesi» per i primi 7 metri di altezza creando così un unico portico pubblico su cui si affacceranno le vetrate di negozi, uffici, servizi. «È un progetto “aperto” in tutti i sensi - spiega Piano - nel senso di pubblico, dialogante con la città, senza confini. Tutti i progetti, soprattutto quelli privati, infatti, devono dare alla comunità più di quanto prendono». Non è un caso quindi che nella seconda versione del piano si sia deciso di ospitare nell’ex laminatoio, negli edifici T3 e T5 e nelle altre cattedrali, funzioni pubbliche come l’asilo, la piscina, la biblioteca, il teatro. «Il parco diventerà il magnete di attrattività per i cittadini di Sesto, ma non solo».
Il 60% degli edifici sarà destinato a residenze, in edilizia libera e convenzionata, il restante 40% sarà così suddiviso: 100mila mq per attività produttive, 116mila per terziario, 33mila per albergo, circa 85mila per negozi. Spariscono anche 13 delle 25 torri originarie, o meglio «case alte» come le definisce l’architetto, che hanno anche cambiato collocazione. Le polemiche sui grattacieli? «Abbiamo accolto le osservazioni dei cittadini sulla loro collocazione. E poi si costruiscono case alte per guadagnare spazio a vantaggio del parco. Il fine ultimo dell’architettura è migliorare la qualità della vita: in città è bello abitare in alto, c’è aria pulita, luce, panorama. Certo poi bisogna trovare delle invenzioni, come i giardini d’inverno, per avere un po’ di parco anche in casa - spiega Piano - e sono sicuro che anche il mercato apprezzerà».

Anche Davide Bizzi è sicuro del fatto suo: «Contiamo di riuscire a vendere tutti gli appartamenti e gli uffici, comunque di rientrare nel budget». Per vedere se hanno avuto ragione non si dovrà aspettare molto: Piano e Bizzi contano di realizzare la prima fase, il quartiere Omec, il 30% del progetto complessivo, già nel 2015.

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