Roberto Cassinelli, il dolce Porcellum in salsa ligure

(...) Roberto non si fa mancare niente. Come un Valentino Rossi o un Casey Stoner nelle telecronache di Guido Meda su Italia 1, «Cassinelli c’è». C’è sempre. Nel senso letterale della parola.
Da un lato, ribadisco, per la sua assiduità in aula, che ne fa uno dei tre parlamentari più presenti. E sarebbe addirittura primo se una volta il sistema di voto elettronico avesse funzionato regolarmente, anzichè andare in tilt. In quell’occasione, il deputato genovese fece registrare la sua partecipazione al voto sul resoconto stenografico della seduta e il presidente di turno gliene diede atto. Ma si tratta di una presenza «morale» che non rientra nei tabulati delle migliaia di votazioni a Montecitorio. L’altra assenza, se possibile, è ancor più particolare: Cassinelli era regolarmente in aula a votare, ma non riuscì a trattenere l’umanissimo impulso ad andare in bagno. Perdendo così il primato.
Però, il meglio sta altrove. Sta, ad esempio, nella capacità del parlamentare pidiellino di ascoltare gli elettori: di rispondere al telefono quando lo chiamano, di replicare alle mail (a tutti gli indirizzi, senza accampare scuse ridicole), di fermarsi per strada, ascoltare chi gli chiede qualcosa, prendersi appunti su minuscoli foglietti che poi piega e ripiega in continuazione e poi cercare di risolvere il problema segnalato.
L’ho già raccontato e lo ripeto volentieri: ho assistito personalmente a queste scene, anche in via Venti, con persone che non aveva mai visto, né conosciuto prima, ma che magari l’avevano riconosciuto vedendo le fotografie sui giornali o le interviste in televisione. In particolare, donne. Incuriosito dalla scena, anche perché Cassinelli è un signore molto distinto, parecchio elegante e ancor più gentile, ma non propriamente quello che si definisce un adone, ho rincorso le signore, chiedendo loro cosa si aspettassero dal deputato pidiellino. Insomma, la faccio breve: leggendo gli atti parlamentari, ho notato che Roberto aveva trasferito i colloqui nel suo lavoro a Montecitorio. Se tutti i parlamentari fossero così, staremmo a raccontare un’altra storia politica: del Pdl in particolare e della «Casta» in generale. Quest’ultima, fra l’altro, perderebbe immediatamente la maiuscola.
Poi, certo, non stiamo parlando di un santo, né di un infallibile. Nel corso della legislatura, Cassinelli si è troppo innamorato del web, trasformandosi in una specie di hacker degli emendamenti. E poi, dovrebbe avere più cattiveria politica, anziché rifugiarsi troppo spesso nel politicamente corretto. E, ancora, ha sempre il peccato originale di essere stato il talent scout che ha segnalato a Scajola Enrico Musso, poi un po’ irriconoscente nei suoi confronti, anche se pare che il vero king maker che ha portato il prof nel Pdl sia stato l’allora caporedattore de La Repubblica-Il lavoro Franco Manzitti, che vantava un’amicizia storica con l’ex ministro, che lo ascoltava con estrema attenzione.
Ma, per l’appunto, sono piccole cose in un bilancio positivissimo. Che era tale prima ancora dell’ingresso di Cassinelli a Montecitorio. Figlio d’arte di un vecchio signore liberale come papà Giorgio, sempre arrivato sulla soglia del Parlamento senza mai riuscire ad entrarci, Roberto fu infatti il primo dei non eletti nella scorsa legislatura e, se Claudio Scajola avesse optato per la Puglia anziché per la Liguria, Cassinelli sarebbe diventato deputato due anni prima al posto di Salvatore Mazzaracchio. Altri avrebbero fatto fuoco e fiamme. Lui, da signore, accettò in silenzio: «Giusto così, Claudio è stato leale con me».


Insomma, abbiamo raccontato questa storia perché in un periodo di disamoramento per la politica, riconcilia con la politica.
Non sono moltissime le ragioni per difendere il Porcellum. Anzi, sono davvero pochissime. Roberto Cassinelli è una di queste.

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