
Siamo al Mind, il Milano Innovation District, nuovo distretto della Scienza, del Sapere e dell'Innovazione, che occupa gli spazi di Expo 2015 (peccato solo non sia ben collegato al centro). Qui conosciamo RoBee, il primo robot umanoide cognitivo, specializzato in restauri, primo e unico al mondo.
Ha l'aspetto del classico robot: all'altezza del torace uno schermo, braccia e mani come un insieme di viti, segmenti e tubicini, un parallelepipedo sotto alle gambe che gli consente di muoversi nello spazio.
Il viso è l'unica cosa che richiama una conformazione umana, grazie agli «Oleb relazionali» così li chiama Fabio Puglia, fondatore, con Fabio Denti, e presidente di Oversonic Robotics. Sembrano occhi, in realtà servono solo a dare un'espressione, «lui vede con la telecamera». RoBee si trova davanti a un gruppo di giornalisti e agli studenti della Scuola di Botticino, fondata nel 1974 a Brescia da Enaip Lombardia, l'Istituto Centrale di Restauro e di Regione Lombardia: la Scuola fa oggi parte di Valore Italia, un centro di formazione e ricerca promosso da Fondazione Enaip Lombardia e da Umana Forma del gruppo Umana, e ha la propria sede in Mind (mentre i laboratori sono in via Cosenz 54, in Bovisa). «Sta analizzando la situazione - continua Puglia -. Vede che ci sono varie persone, le conta, assume dati per interagire». Soprattutto Robee mette le mani avanti: «Non sono un esperto di restauro ma posso supportare l'uomo». E su questo argomento, l'inferiorità del robot all'uomo, Puglia insiste: «La sfida di Oversonic è che queste macchine si occupino di attività logoranti perché inutilmente ripetitive o rischiose: ad esempio alla Fondazione Santa Lucia, a Roma, utilizziamo già questi esemplari: è una clinica di neuro riabilitazione tra le più importanti al mondo, facciamo training ai pazienti che hanno avuto ictus. I robot qui camminano per i corridoi e i pazienti li salutano: si fermano, interagiscono. E - specifica il ricercatore - le macchine non si stancano mai, ricordano tutto, non si annoiano di parlare. E nel frattempo acquisiscono una quantità di dati fondamentali sulla malattia che per gli scienziati sono oro». Solo in Italia sono presenti esemplari del genere: «L'essere italiani è un valore aggiunto, la nostra è una sfida unica perché facciamo coesistere varie tecnologie per avere un robot che sia d'aiuto all'uomo senza volerlo emulare. Le diversità tra uomo e macchina per noi devono coesistere, i giapponesi cercano di ricostruire l'uomo: ma così parte l'inganno». Quanto può sfuggire di mano una macchina? «Dipende dalle impostazioni: questi robot ora non decidono una linea operativa e non hanno un interesse proprio - tranquillizza Puglia -. Sono responsivi a seconda delle informazioni che gli abbiamo inserito noi. Il tema vero è l'obbiettivo che poniamo alla macchina».
E ora il tema del restauro: «RoBee (il bee è quello delle api che volano nel cloud, dove tutte le informazioni vanno a depositarsi e sono condivise tra i vari RoBee), mi senti? Raccontami cosa sai fare» gli chiede Puglia. «Sono un robot umanoide progettato per assistere gli umani in compiti ripetitivi e pericolosi. Posso manipolare oggetti, navigare autonomamente e interagire con le persone. Non sono un esperto di restauro ma posso supportare l'uomo». A questo punto interviene la professoressa Debora D'Elia. Siamo davanti a un capitello: «Buongiorno, che cos'è una crosta nera? - attimo di riflessione (il robot prende i dati dal cloud), e poi la risposta a: «E come si pulisce? RoBee spiega il procedimento, e specifica che alla fine risciacqua. «Lo possiamo promuovere - è il commento della prof.-. Il risciacquo, i miei studenti lo dimenticano sempre».
Chiediamo anche ai ragazzi, a voi servirebbe? «Sì -rispondono ancora un po' intimiditi dall'oggetto -, ad esempio per spostare i pesi più importanti anche in spazi piccoli. Insomma, avrebbe una funzione tecnica e fisica». E il fatto che parli vi inquieta? «No, aiuta molto l'immediatezza». Conclude Fabio Denti: «Vogliamo sensibilizzare le istituzioni sul fatto che il rapporto con la robotica è fondamentale anche per ottimizzare energie e quindi risparmiare tempo e denaro. Vorremmo più intervento pubblico.
Oggi il restauratore non è più solo la figura solitaria con l'opera a cui sta lavorando: collabora con chimici, architetti, informatici. E noi siamo i primi in assoluto ad aver un umanoide in un laboratorio di restauro». Che costa 140mila euro cadauno, più l'assicurazione.
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