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Rocca la Bomba centra il poker Ora dà del tu ai grandi dello sci

Maria Rosa Quario

Il poker dà sempre qualche brivido. Specie se apri le carte poco alla volta, centellinando l’emozione fino alla scoperta finale. Il tris già entrato era Beaver Creek, Madonna di Campiglio e Kranjska Gora. La carta da pescare era Adelboden, con il suo slalom infido, quel muro finale da vertigini ben noto ai gigantisti, molto meno agli slalomisti. Ieri il cronometro correva all’impazzata, non dava scampo, anche la pista correva sotto gli sci, con il suo fondo ghiacciato e liscio. Le porte arrivavano addosso come nemici invalicabili, ma lui, Giorgio Rocca, sapeva bene come abbatterli uno a uno.
Il brivido è arrivato dopo sessantasei secondi di gara, a prima manche già archiviata, quasi una formalità, fin troppo facile quando il numero uno pesca il numero uno, che in slalom è sempre un bel vantaggio. Ma il margine sul secondo, il funambolico Ted Ligety, era minimo, undici centesimi, e l’americano era arrivato in fondo anche nella seconda, facendo numeri da circo, ma con il miglior tempo su Raich e Vidal, rispettivamente campione mondiale e olimpico in carica, non gente qualunque. È stato allora che lo speaker svizzero ha annunciato la partenza del Maestro Giorgio Rocca, direttore di un’orchestra speciale, formata dalla sua testa, dal suo collo, le sue spalle e poi giù, il busto, le braccia, le mani, le gambe e infine i piedi, strumenti che lui sa far suonare in modo straordinario.
Pronti via, e per la prima volta nella stagione Rocca parte per difendere un primo posto, non per attaccarlo. Nelle sue tre vittorie precedenti, il primo a metà gara era sempre stato Raich, stavolta l’austriaco aspettava giù al traguardo, già sicuro del podio, il gioco era in mano al Maestro azzurro finora invincibile. Sessantasei secondi, un lieve cambio di pendenza, gli sci che sbandano per un attimo, ma solo uno, il tempo del brivido che rende i trentatré secondi finali ancora più emozionanti, prima del boato finale. Allora anche i campanacci svizzeri entrano a far parte dell’orchestra del Maestro Giorgio Rocca, che a sua volta entra nel gotha dello slalom di tutti i tempi, numero cinque della storia, davanti solo Stenmark, 40 vittorie, Tomba, 35, Girardelli 16, Augert 13. Il livignasco appaia l’austriaco Stangassinger, dieci vittorie e la sfortuna di essere slalomista negli anni di Tomba, con il quale si vendicò strappandogli il titolo olimpico del 1994.
E sempre a proposito di numeri, ieri Rocca ha dato all’Italia la duecentesima vittoria di coppa del mondo e la sessantaseiesima degli slalomisti, sufficiente per appaiare l’Austria, come dire che le prossime sfide fra Giorgio e Benny Raich varranno anche per questo primato.
Già, il futuro. Anche quello mette un po’ i brividi. Fra le porte strette Rocca da oltre un mese è praticamente infallibile, il calendario ora propone agli slalomisti tre classiche, Wengen, Kitzbuehel e Schladming, poi una pausa e «Lo Slalom» della stagione, valido per qualcosa di molto più importante della coppa del mondo, sulla quale Rocca ha praticamente già messo un’ipoteca.

Al Sestriere il 25 febbraio sarà una mano secca, al buio, e i brividi quel giorno saranno molto più forti di quelli che può dare un giro di poker.

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