IN PRINCIPIO ERANO LE MUTANDE (Ita - 1999) di Anna Negri, con Teresa Saponangelo, Stefania Rocca, Bebo Storti - 100"
Genova come casbah. La protagonista abita in affitto in un caseggiato popolare dalle parti della Maddalena (cita Vico Cioccolatte ma del Carmine non c'è traccia), con musica afro, giunoniche inquiline di colore ed amico gay al piano di sotto. È una città un pò meticcia, vagamente napoletana, con alta densità di gente fastidiosa, abitata da extracomunitari, descritta non proprio al meglio. All'inizio, in periferia, alcune bambine giocano per strada e lanciano un palloncino: «Ma tu dici che si innamorerà?»... La voce di Mina porge «Vorrei che fosse amore», tema musicale del film.
Sedici anni dopo le due amiche sono al cinema: una bella fanciulla esce dallacqua in sottoveste, osservata con bramosia da... Amedeo Nazzari. La sala era deserta (ci credo!). Imma (la brava Teresa Saponangelo) osserva sognante, Gina (Stefania Rocca in versione androgina alla Annie Lennox) esclama «Belin, ma quante ne deve fare una per prenderne un pò?». L'amicizia tra due ragazze precarie nel lavoro e nei sentimenti è la cosa bella dell'opera prima di Anna Negri, premiata autrice di corti. La scena dove l'una si accuccia a far pipì in mezzo alla strada e l'altra l'affianca esclamando «anch'io!» è emblematica.
L'arrivo dell'amore (il Conte Uguccione alias Bebo Storti travestito da pompiere), provvidenziale per Imma, costringe la sceneggiatura a salutare troppo presto Stefania Rocca e la commedia ne risente. Il film è tratto ed adattato dal fortunato romanzo omonimo di Rossana Campo, con contributi alla sceneggiatura di Ivan Cotroneo e Davide Ferrario, nonchè del nostrano Giovanni Robbiano nella prima stesura (non accreditato). Lieve ma non superficiale, è un piacevole e spontaneo film al femminile, ironico («escursionista, vero?» - «No, disperata»), con un vago sguardo a K. Loach rispetto al tratteggiare la condizione sociale e la ricerca del lavoro, qualche spunto surreale (il balletto alla «Sette spose per sette fratelli» con Imma vestita da olandesina tra i pompieri), varie trovate.
«...Un uomo nel letto ti scalda sempre un pò» - «sì vabbè, se mi aggiustassero anche i termosifoni non sarebbe male» (mentre fregano merce al supermercato). Azzeccate le scene surreali dove, a letto con compagni occasionali, una accanto commenta e l'altra risponde. La Rocca, brava come al solito, dice spesso «belin», indossa magliette o camice attillate e gonne corte, tocca le tette per gioco ad Imma (nelle rispettive tristezze finiranno a letto insieme), poi finisce a Parigi con un camionista rozzo ma gentile (l'amore dove meno lo aspetti?). Imma è più romantica e soffre i risvegli: va a letto a Nervi col «bel tipo» Adolfo Margiotta che la stronca appena aperti gli occhi (lei gli frega un orologio da tavolo e se lo rivende); abborda un tipo assurdo all'Acquario ed al risveglio trova... la madre. Coltiva in sè un bisogno d'amore (il fuoco che può essere spento solo da... un pompiere?), distribuisce volantini pubblicitari nei pressi di Campi, lavora con l'amica come cameriera all'imprecisato night «Malizia». Le sbattono fuori subito e si fanno dare un passaggio da un'isterica (ovviamente per colpa di un uomo) Monica Scattini che guida a velocità folle.
«Grazie» ad una fuga di gas conosce Michele («Io sono pompiere dentro») e perde la testa per lui. Per rivederlo incendia... il divano. Brucia il salotto e incoccia in altri vigili del fuoco. Lo ritroverà per caso: lui le canta la canzone di Mina, lei reste incinta, lui scappa in Sicilia, lei la segue e non lo trova. Film antiuomo? Bebo Storti fa la sua parte, ancora lontano da «Mai morti». Curiosa l'apparizione di Rocco Barbaro; si vedono Corso Italia, Via Gramsci, il Matitone, il Porto Antico, la Sopraelevata, la caserma dei Vigili del Fuoco, Sottoripa, stralci di vicoli, ecc.
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