«Rock e teatro, sul palco porto le mie due anime»

Venerdì a Rimini inizia il tour estivo dell’ex Lùnapop: «Due ore di show, arriveremo in scena vestiti come i Beatles di Sgt. Pepper’s»

Paolo Giordano

da Milano

Cremonini, lei ha due volti: dopo il tour orchestrale dello scorso inverno, ora torna sul palco solo con una band.
«E non sarà un tour da passeggio. Gli arrangiamenti sono spinti al massimo, le luci sono molto studiate e centrali nello show. E in scaletta ci sono praticamente quindici singoli, il che la dice già lunga».
Cioè?
«Stavolta voglio proprio far cantare il pubblico».
Insomma, farà il rockettaro.
«Anche. Sul palco voglio portare le mie due anime: quella elettrica e quella teatrale. In inverno, quando ho suonato con l’orchestra, era enfatizzato il lato più parlato, più attento al linguaggio. Ora riaccendo la luce anche sul lato rock».
D’altronde Cesare Cremonini è forse l’unico cantante italiano en plein air: cresce con il suo pubblico, senza nascondersi, tenendolo e facendosi tenere per mano. Nei Lùnapop era il ragazzino con gli occhi sbarrati che faceva i conti con un Paese innamorato di 50 special. Poi ha dovuto fare i conti con chi pretendeva di riascoltarla all’infinito. Insomma, è andato avanti, metà Werther e metà Holden, con il pudore dei propri errori e soprattutto con la capacità di non ripeterli. E così Bagùs è stato il disco della liberazione, Maggese quello della laurea e, messi insieme, fanno i due riflessi di un artista pirandellianamente ancora in cerca d’autore, eppure ben definito, con un piede nel Festivalbar e l’altro nella canzone d’autore, prendendo da entrambi il meglio che può (e ha 26 anni, mica 60).
Avere l’imbarazzo della scelta richiede tempo.
«Perciò mi sono preso un paio di settimane per provare questo nuovo tour».
A Jesolo.
«E ho avuto anche fortuna, mi sembra di essere in vacanza. Partiremo il 14 da Rimini, che tra l’altro è anche vicino a casa mia. Poi andremo verso il sud, che ho trascurato quest’inverno. Finiremo all’inizio di ottobre, più o meno».
La scaletta?
«Innanzitutto, sul palco ci saranno tre chitarre e le voglio sfruttare fino in fondo. E poi i pezzi come Qualcosa di grande o 50 special sono arrangiati in chiave anni ’60 o ’70, come vuole la mia passione. Io sono così: se amo qualcosa, mi ci butto senza pensarci troppo: l’ho fatto con Bagùs e pure con Maggese, che è stato registrato anche agli Abbey Road, negli studi dei Beatles».
Allora è magari l’occasione buona di cantare un loro brano.
«No, non faccio cover di altri, anche se mi sarebbe piaciuto molto cantare Innocenti evasioni che è appena uscita sul cd tributo a Lucio Battisti. Però...».
Però?
«Saliremo sul palco con le giacche che i Beatles indossavano sulla copertina di Sgt. Pepper’s. Purtroppo le ho trovate solo di lana, quindi ce le toglieremo al secondo pezzo. Il concerto d’altronde dura due ore, con quei panni addosso moriremmo di caldo».
Allora è proprio rock.
«Ma ci sono anche i brani più malinconici e intimi di Maggese. Come Sardegna. Per quella canzone c’è anche la fisarmonica».
Sarete in dieci sul palco.
«E Ballo Balestri come sempre di fianco a me a suonare il basso».
Siete una coppia di ferro fin dai Lunapop. Rarissimo in quest’ambiente.
««Tra noi c’è un rapporto bellissimo. Io penso che a 35 anni, quando avrà finalmente formato il suo carattere, sarà una persona strepitosa. Quand’ero bambino non credevo che l’amicizia potesse avere una tale profondità. Invece mi accorgo che è come una quercia, che cresce lentamente ma diventa poderosa».
L’intesa si vede anche sul palco.
«Lui è riuscito a starmi accanto anche in momenti in cui era davvero difficile.

Io vivo sempre nel mio mondo e spesso non mi accorgo di quello che accade accanto a me. Lui ancora adesso talvolta viene da me, si siede e mi spiega che cosa mi sta succedendo intorno. È il mio occhio su di una parte di realtà che ogni tanto perdo di vista».

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