Rogo all’aeroporto, morti 11 clandestini

Severi test di lingua varati in Olanda per chi vuole restare

Manila Alfano

L’inferno si è scatenato poco dopo la mezzanotte di mercoledì, nel centro di detenzione a quattro chilometri dal terminal dell’aeroporto internazionale di Amsterdam-Schiphol, andato a fuoco per cause ancora ignote. Undici prigionieri sono morti e altri quindici sono rimasti feriti: tra questi sei prigionieri, sei gendarmi, due custodi e un responsabile del penitenziario. Uno è in gravi condizioni.
La tragedia si consuma in pochi attimi. Il fuoco si propaga rapidamente. I detenuti cercano di scappare, ma le porte delle celle non si aprono. Le fiamme invadono un’ala in cui ci sono 24 celle e 43 detenuti. Dodici restano completamente distrutte dal fuoco. I prigionieri urlano a squarciagola, ma le guardie tardano ad arrivare. Nel centro sono presenti 350 persone, ma non esiste un sistema di apertura automatica e simultanea, così bisogna aprire le celle a mano. Una a una. Una corsa contro il tempo che parte già in ritardo. Occorrono quattro ore prima che i pompieri riescano a controllare la situazione. Nel caos, riescono a fuggire alcuni prigionieri, il numero è imprecisato. «Per sapere quanti sono gli evasi - dichiara il portavoce della polizia - bisognerà defalcare dalla lista complessiva i nomi degli 11 detenuti morti e poi stilare la lista di quelli ancora mancanti all’appello». La gendarmeria, dopo una maxi-battuta nella regione riesce a catturare tre fuggiaschi.
Ora infuriano le polemiche e piovono le critiche: alcuni dei detenuti superstiti assicurano che i custodi non hanno preso sul serio l’allarme. «Noi battevamo sulle porte e gridavamo mentre i locali si riempivano di fumo, ma loro ci hanno ignorato. All’inizio le guardie non volevano crederci. Abbiamo continuato a urlare fino ad avere il mal di gola».
Da Londra, dove partecipa al summit europeo, il premier Jan Peter Balkendende non nasconde il suo choc «per la dimensione dell’incendio». I ministri olandesi della giustizia e dell’immigrazione, Piet Hein Donner e Rita Verdonk, dopo una visita nei luoghi della tragedia, hanno dichiarato che i soccorritori hanno fatto «tutto il possibile». Il Parlamento è già in possesso del dossier sull’incendio, e il sindaco di Schiphol ha annunciato che sarà subito avviata un’inchiesta indipendente per far luce sull’episodio, oltre all’indagine della giustizia ordinaria. Uno dei punti chiave dell’indagine è proprio l’edificio in cui sono divampate le fiamme. Il prefabbricato è stato costruito in tutta fretta nel 2002, nelle vicinanze di una pista dell’aeroporto, appunto per accogliere i clandestini e i corrieri della droga che arrivano a Schiphol, uno dei maggiori scali d’Europa.
La struttura di detenzione era già stata in passato al centro di altri episodi allarmanti: prima della sua apertura si era verificato un surriscaldamento nel sistema di condizionamento, mentre nel 2003 uno dei prigionieri si era suicidato dandosi fuoco.
Pur senza far esplicito riferimento al drammatico incendio olandese, il vicepresidente della Commissione Ue, Franco Frattini, ha sottolineato ieri, durante un convegno sull’immigrazione a Roma, che il «rimpatrio degli immigrati clandestini deve avvenire sempre nel rispetto della dignità della persona».
Il governo Balkenende sta indurendo la politica delle espulsioni degli immigrati non in regola, ma allo stesso tempo il Paese non ha le strutture necessarie per sostenere tale politica. Rita Verdonk, ministro per l’immigrazione, punta a espellere dal Paese nei prossimi tre anni, circa 26mila immigrati entrati in Olanda in modo clandestino.

Il governo ha introdotto di recente severi test di lingua e di cultura olandesi per chi punta a vivere in modo permanente nei Paesi Bassi: circa 750mila persone potranno essere chiamate a dar conto della loro conoscenza della lingua e della storia nazionale. Pena una multa o addirittura l’espulsione.

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