Cronaca locale

Cinema in crisi: la perdita di spettatori fa chiudere le sale

Sono lontani gli anni in cui a Natale i cinema facevano il tutto esaurito. A rimetterci sono soprattutto gli esercizi indipendenti

Cinema in crisi: la perdita di spettatori fa chiudere le sale

La crisi dei cinema c’è e si fa sentire in tutta Italia. Sono ormai lontani gli anni in cui a Natale le sale facevano registrare il tutto esaurito. A causa della pandemia gli spettatori, e di conseguenza gli incassi, sono crollati. C’è però da sottolineare che negli ultimi tre mesi da Nord a Sud, e non solo a Roma, la perdita è stata minore rispetto ai mesi precedenti. Prendendo come esempio la Capitale, dal primo gennaio al 30 novembre del 2021 nei cinema sono stati staccati 1,8 milioni di biglietti, contro i 7,3 dello stesso periodo del 2019, ovvero l’ultimo anno prima della pandemia, con una perdita di spettatori di più del 75%. Tra settembre e novembre, con il ritorno delle sale a capienza piena, la perdita percentuale si è invece stabilizzata al 44%: 1,2 milioni di biglietti contro i 2,2 del 2019.

Invogliare il pubblico a tornare al cinema

Come riportato da Repubblica Leandro Pesci, presidente dell'Anec Lazio, l'associazione degli esercenti, ha spiegato che “il calo sarebbe potuto essere anche più contenuto se tutte le categorie si fossero impegnate maggiormente a contrastare la crisi. Quando a fine aprile le sale hanno potuto riprendere la programmazione, per invogliare il pubblico a tornare al cinema, spingendo gli spettatori a superare timori e preoccupazioni, sarebbe stato utile avere a disposizione i titoli più attraenti, che, invece, in molti casi sono stati congelati e rimandati ad un'uscita post-pandemica. Così come si è persa l'occasione di lanciare film durante l'estate, ovvero nel periodo più tranquillo dal punto di vista sanitario. È ovvio che l'incasso all'indomani della riapertura sarebbe stato inferiore ad un'uscita in tempi normali, ma la perdita di questo periodo contrastato la decimazione delle sale”.

E pensare che Roma, la città più attrezzata cinematograficamente parlando, ha in funzione 45 strutture per un totale di 223 schermi. Sono però 39 i cinema che sono scomparsi e presto potrebbero aggiungersi a questo numero anche l’Admiral e l’Ambassade, che per il momento non hanno ancora deciso di riaprire i battenti. Ancora più preoccupante la situazione nelle altre zone del Lazio dove su 46 cinema hanno già chiuso in 29. A fronte di una sala che ha ripreso l’attività, il Mancini di Monterotondo, ben 7 cinema non hanno riaperto.

Chi ci rimette di più

Se le grandi distribuzioni riescono ancora a sopravvivere, non si può dire lo stesso degli esercizi indipendenti che sempre più spesso non riescono a programmare i film che attirano maggiormente gli spettatori. Neanche la digitalizzazione, che ha portato al crollo dei costi di distribuzione, è riuscita a favorire una maggiore disponibilità di film per tutte le sale, non è stato così e spesso l’esercente deve programmare titoli con poca attrattiva pur di potersi garantire quelli che interessano di più il pubblico.

Gino Zagari, gestore del Caravaggio, che dopo la scomparsa di Embassy, Holiday, Empire e Roxy, è l'unica sala funzionante nel quartiere più ricco della capitale, i Parioli, ha tenuto a precisare che “di fatto la libertà dell'esercente è condizionata da un sistema dove regna la deregulation e vige la legge del più forte. Una soluzione per superare questo annoso problema ci sarebbe: applicare al mercato cinematografico la legislazione che governa l'editoria, che prevede che ogni edicola abbia diritto di essere rifornita della pubblicazione richiesta, così come il titolare dell'edicola non può sottrarsi dall'accettare le pubblicazioni di ogni editore. Lo stesso dovrebbe avvenire con le sale”. Anni fa per vedere un film in uscita si doveva obbligatoriamente andare al cinema, adesso invece dopo poco tempo lo stesso film viene proposto su varie piattaforme.

Pesci ha poi aggiunto:“Senza contare che a penalizzare la sala è la mancanza di regole nelle modalità di consumo: è assurdo che in Italia di fatto le windows, ovvero la determinazione di una tempistica fra l'uscita sul grande schermo e sugli altri mezzi, non esista: i film possono uscire come e quando vogliono. Bisogna evitare che la sala si trasformi in semplice cassa di risonanza per promuovere e favorire il consumo dei film sulle piattaforme. A Roma e nel Lazio è a rischio il futuro di oltre 2.300 lavoratori”.

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