Coronavirus

"Senza aiuti economici è dura". Ecco i pionieri della ripartenza

Dopo più di un mese di lockdown cominciano a rialzarsi le prime saracinesche. Le attività pioniere della ripartenza sono cartolerie e negozi di abbigliamento per l'infanzia, ma ricominciare a muoversi nel deserto economico è dura

"Senza aiuti economici è dura". Ecco i pionieri della ripartenza

Nella Capitale è scattata l’ora X, dopo più di un mese di lockdown cominciano a rialzarsi le prime saracinesche. Le attività pioniere della ripartenza sono cartolerie e negozi di abbigliamento per l'infanzia. I negozianti sono frastornati. È come fosse il primo giorno di scuola.

"È stata una rinascita, un risveglio", ci racconta commossa Rita, proprietaria di una cartoleria del centro storico. Le vetrate del negozio sono tappezzate di cartelli. "Entrata massima due persone alla volta". E ancora: "È obbligatorio indossare i guanti e coprirsi naso e bocca". Sono le nuove regole. Si ricomincia, sì, ma non è più come prima. Una volta dentro, un grosso flacone di gel igienizzante svetta su un mobiletto. Rita lo usa per disinfettare le superfici. Lo fa in maniera meticolosa, quasi compulsiva. "Un po' di paura c'è", ammette. I sentimenti si confondono, c'è la voglia di riscatto ma anche la consapevolezza che l'emergenza sanitaria non è finita. Ci si sente ancora troppo vulnerabili, precari. Si vive alla giornata. "Bisogna andare avanti, tenere duro e crederci, pensando sempre che nonostante tutto noi siamo fortunati, siamo dei sopravvissuti", ragiona Rita.

Iniziano ad intravedersi i primi segnali di ritorno alla normalità dopo le restrizioni delle settimane passate, ma ricominciare a muoversi nel deserto economico scatenato della pandemia non è facile. Il bilancio delle prime ventiquattro ore non è roseo. Le strade sono deserte. Il passaggio è ridotto al lumicino. Era prevedibile. Ed è per questo che, nonostante le deroghe, parecchi esercenti hanno preferito passare la mano. Quelli che sfidano il destino, invece, sono assillati da una domanda: "Che senso ha riaprire se la gente è costretta a casa?". È il caso di Roberto, un trentenne che gestisce una cartoleria a due passi da Santa Maria Maggiore. "È tutto così surreale, oggi sembrava una giornata di agosto, non si è visto nessuno", racconta. Stessa versione che ci dà Massimo, qualche civico più in giù: "Ho incassato qualcosina in mattinata, ma dal primo pomeriggio in poi non c'è stato passaggio".

Lui è uno di quelli in attesa di ricevere il bonus di 600 euro per il mese di marzo. "Le settimane di chiusura sono state disastrose, sono riuscito ad andare avanti con le consegne a domicilio, ma dal governo non è ancora arrivato un centesimo", si sfoga. Questa non è la Svizzera, dove bastano appena 48 ore per mettersi in tasca i sussidi senza complicazioni. Massimo lo sa bene: "Le lungaggini burocratiche ci hanno mandato in crisi, hanno fatto di tutto per metterci i bastoni tra le ruote, la compilazione dei moduli era troppo complicata e così ci siamo dovuti affidare ad un professionista sostenendo costi in più". "Il volume di affari è tracollato, dobbiamo pagare l'affitto e non ci vuole un matematico per capire che 600 euro non possono rimpiazzare più di un mese di mancati guadagni", denuncia Claudio da dietro al bancone della sua bottega storica in via dello Statuto. Un'antica coloreria tramandata di generazione in generazione dal 1910.

Rientrare in negozio, per lui, è stato come "riabbracciare un figlio". Ed è per questo che non intende cedere allo sconforto. L'elenco delle tempeste che ha superato la sua attività in più di un secolo di storia è lungo. "Abbiamo resistito a due guerre mondiali e anche ai vari governi che, peggio delle guerre, ci hanno messo in ginocchio", dice con una punta di orgoglio. Il messaggio è chiaro, non si molla: "Andremo avanti, sperando che non mettano nuove tasse per riprendersi quello che ci hanno dato". Niente da fare, invece, per le librerie del Lazio, che dovranno attendere ai nastri di partenza fino al 20 aprile. Lo ha deciso la giunta regionale guidata da Nicola Zingaretti con un'ordinanza emanata nel tardo pomeriggio di lunedì.

Il motivo? "Per dare il tempo agli esercenti di poter organizzare le misure di sicurezza previste dal decreto". Non ci sta una libraia dell'Esquilino, che la definisce una scelta "intempestiva e oscura". Si sente ingiustamente discriminata. "Quali sarebbero le misure di sicurezza che le librerie non possono garantire mentre le altre tipologie di negozi sì?", domanda polemica.

L’attesa ora sta lasciando il posto all'incertezza. Si ricomincia in una Roma che ancora fatica a riconoscersi, come un convalescente che muove i primi passi e si chiede: tornerò mai a correre?

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