Cronaca locale

Invalida al 100% vive in camper da 4 anni: "Chiedo solo dignità"

La casa popolare non arriva e così, Elena, invalida al 100 per cento, è costretta a vivere in camper: "Ho tentato il suicidio, non vedo via d'uscita"

Invalida al 100% vive in camper da 4 anni: "Chiedo solo dignità"

Elena ha 46 anni ed è invalida al 100 per cento. Avrebbe diritto ad una casa popolare, ma da più di sette anni è intrappolata in una graduatoria che non scorre. Perché in una città come Roma, dove il riscatto sociale è un'utopia, c'è una categoria di poveri che è ancora più disgraziata. È quella di chi è povero solo. Per loro, che costituiscono quasi la metà degli aventi diritto, non ci sono alloggi. Il patrimonio immobiliare destinato all'emergenza abitativa risale agli anni Settanta. Era un'altra epoca, le famiglie erano numerose per definizione e le metrature ancora oggi disponibili sono quelle: più di 75 metri quadri.

Così per i single le opportunità sono ridotte al lumicino e l'attesa si allunga a dismisura. Il risultato? Elena sopravvive come può. Da quattro anni la sua casa è diventata un vecchio camper. "È stata una conquista", racconta. Il guai per lei sono iniziati nel 2011, anno in cui la salute ha cominciato a vacillare ed ha perso il posto di lavoro. "Ho vissuto in macchina per sei anni - ricorda - finché con gli arretrati dell'invalidità non sono riuscita a comparare questo camper". Inizialmente lo teneva posteggiato in città, poi si è dovuta trasferire. "La gente mi guardava di traverso, credevano fossi una rom, e una notte qualcuno ha persino cercato di darmi fuoco". Elena ricorda quella notte come fosse ieri. Si è svegliata di soprassalto, richiamata dall'abbaio del suo cane. Si è sporta fuori e ha distinto la fisionomia di un uomo, con un tanica di benzina in mano. Le sue urla di terrore lo mettono in fuga. "In quel momento ho capito che me ne sarei dovuta andare". Lontano dalla città e dai pericoli.

Adesso vive parcheggiata in un terreno agricolo nel Frusinate, in un luogo fuori mano, finalmente al riparo dalle minacce. Si è organizzata alla meno peggio. Nel camper non c'è nulla. "Per lavarmi uso l'acqua della fontanella e la riscaldo sui fornelli, per l'illuminazione invece mi sono attrezzata con un piccolo pannello solare". La roulotte è fredda. "Io dormo rannicchiata qui", dice indicando un vano sopra alla cabina del conducente. In queste condizioni di estrema precarietà, nel 2018, la donna ha persino dovuto affrontare la convalescenza da due interventi. Prima le hanno asportato l'utero, e poi è dovuta tornare in sala operatoria per una peritonite acuta. "Ero completamente sola e febbricitante, sono stati giorni terribili, non credevo sarei sopravvissuta". Elena entra nel tunnel della depressione. Sono i giorni peggiori. Quelli in cui tutto sembra insormontabile.

"Ho cercato di farla finita", confessa. "Ho legato una corda al tettuccio del camper e mi sono lasciata andare". La fune fortunatamente si spezza, e lei cade a terra. "Credo sia stato un segnale, forse c'è del buono ad attendermi". La speranza arriva sotto forma di assegno qualche mese più tardi. Elena riceve il reddito di cittadinanza. Un aiuto di circa 500 euro che le permette di ricominciare a fare la spesa, ma non di prendere una casa in affitto. "Senza busta paga - racconta amareggiata - non c'è nessuno disposto ad affittarmi una casa. Io non chiedo chissà cosa, solo di poter vivere con dignità". Elena si sente di nuovo in trappola. Non vede via d'uscita. "Sono in un cerchio chiuso e solo una casa popolare mi potrebbe aiutare".

Ma quando è andata a chiedere informazioni al dipartimento Politiche abitative si è sentita rispondere: "Signora, si metta l'anima in pace perchè fa prima a morire".

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