È giallo sui rom contagiati a Roma, ma nei campi scattano le verifiche delle Asl

Sarebbero quattro i nomadi positivi al virus secondo l'associazione Nuova Vita. Uno di loro sarebbe ricoverato allo Spallanzani. Ma l'ospedale smentisce. E nei campi della Capitale scattano le verifiche delle Asl

È giallo sui rom contagiati a Roma, ma nei campi scattano le verifiche delle Asl

"Presso questo Istituto non sono, allo stato, ricoverati cittadini di etnia rom". Così in una nota l'ospedale Spallanzani, ha smentito le indiscrezioni apparse nei giorni scorsi su diversi quotidiani riguardo la positività al virus di quattro nomadi residenti nella Capitale.

Ma le associazioni che fanno capo alla comunità rom, come Nuova Vita - Figli dello Stesso Padre, continuano a sostenere che un ragazzo sarebbe in cura proprio nello stesso istituto. Si tratterebbe, secondo quanto scrive Il Messaggero, di un 33enne residente in una casa popolare del Quarticciolo, che dall’11 marzo si troverebbe nel reparto di terapia intensiva in gravi condizioni. "Non posso rivelare la sua nazionalità per motivi di privacy, ma di certo sulla sua carta d'identità non c'è mica scritto che è rom", spiega a ilGiornale.it Najo Adzovic, presidente della stessa associazione ed ex delegato del sindaco ai rapporti con la comunità all'epoca dell'amministrazione Alemanno.

"Gli altri due nomadi risultati positivi i trovano in isolamento domiciliare presso le proprie abitazioni perché hanno sintomi più lievi, mentre il quarto è stato trasferito a Viterbo", continua Adzovic, che assicura di essere in contatto permanente con la comunità rom della Capitale e del resto della penisola per monitorare la situazione dei contagi. "Anche stasera - aggiunge - è prevista una riunione via Skype con tutti campi di Roma". I familiari del ragazzo ricoverato, invece, sempre stando alla testimonianza di Adzovic, stanno bene e sarebbero tutti a casa in quarantena.

Nelle baraccopoli, invece, non ci sono casi di contagio. Ma le condizioni igieniche precarie, lo scarso accesso a disinfettanti e acqua corrente, e in generale la vulnerabilità della popolazione che abita negli insediamenti, fanno dei campi rom una bomba sanitaria pronta ad esplodere. Finora, però, denunciano diverse associazioni, tra cui Nuova VIta e 21 luglio, nessuno dal Campidoglio si è preoccupato di prendere provvedimenti: nei villaggi istituzionali, dove risiedono oltre duemila persone, non sono state distribuite mascherine e disinfettanti, né è stata fatta alcuna attività informativa di prevenzione.

Venerdì scorso a chiedere al Comune di Roma di vigilare sulla situazione all’interno dei campi erano stati anche Cgil, Cisl e Uil. "È necessario intervenire subito per prevenire la diffusione del virus con la sanificazione di tutti i campi rom, assicurare la distribuzione del materiale occorrente (mascherine, gel, guanti, disinfettanti), provvedere al rifornimento di pasti, verificare e provvedere all’allaccio idrico nei campi sprovvisti, attivare controlli mirati alla tutela delle persone con malattie croniche", hanno scritto i sindacati in una nota.

Un timido passo avanti per evitare che si creino focolai nelle baraccopoli è stato fatto stamattina con la riunione, di cui dà notizia il quotidiano di via del Tritone, dell’Ufficio speciale del Comune per i Rom, Sinti e Caminanti. Al vaglio delle associazioni che compongono l'ufficio ci sarebbe un "piano" per distribuire generi di prima necessità negli insediamenti, mentre le Asl di competenza, nei prossimi giorni, si occuperanno di effettuare le verifiche del caso. Le misure, però, riguarderanno soltanto le baraccopoli "istituzionali" e non la costellazione di insediamenti, tra abusivi e tollerati, disseminati per la città.

Parliamo di oltre 3.500 persone che vivono in condizioni estreme. Nuclei familiari formati da sei, sette, dieci componenti, che spesso convivono in container o roulotte di pochi metri quadri, se non in baracche o giacigli di fortuna senza elettricità ed acqua potabile, nei casi più estremi.

Per ora, sempre secondo Il Messaggero, nei grandi accampamenti si cerca di far rispettare il più possibile le regole attraverso l’azione delle pattuglie della polizia locale che presidiano gli ingressi, consentendo ad una sola persona per nucleo familiare di andare ad acquistare beni di prima necessità.

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