Esistono libri capaci di ritrarre in modo più completo unepoca o un secolo della storia. Questi libri sono pochi, ma non troppo pochi. Esagera chi dice, a esempio, che tutto il 900 si trova racchiuso nellopera di Proust o in quella di Hemingway. A mio avviso, uno di questi grandi libri è Il Signore di Romano Guardini (1885-1968), uscito per la prima volta nel 1937, riveduto nel 64 e oggi co-edito, in una veste degna del contenuto, da Vita & Pensiero e Morcelliana (tr. G. Colombi, pagg. 770, euro 27).
Il libro, tratto - come spesso accade per i grandi maestri - da lezioni tenute ai giovani, si presenta come una ricognizione, tra biografia e saggio, sulla figura di Gesù come ci viene offerta dai Vangeli. Già nella disposizione delle sezioni e dei capitoli cè, in questopera (come quasi sempre in Guardini) unurgenza di domanda che già da sola costituisce un ritratto veritiero del secolo passato. Il ritratto di unepoca, infatti, non sta tanto in ciò che viene rappresentato, quanto nella drammaticità delle domande sottese. Può essere datato il metodo dindagine di uno studioso, ma non lo è mai lampiezza della sua domanda.
Le correnti di pensiero, religiose e laiche, del tempo dialogano appassionatamente in questo grande intellettuale tedesco con le istanze originali del cuore umano, sempre povero davanti al mistero di Cristo. Nonostante lerudizione, colpisce lumiltà (ossia il realismo, poiché «umiltà» viene da humus, terra, dunque: stare con i piedi per terra) di Guardini.
«Non si rende un servizio allapostolo se lo si vede sotto laspetto di grande personalità religiosa. Perlopiù così prende avvio lincredulità. Costituisce la sua specificità personale non il fatto che sia umanamente significativo, spiritualmente creativo, religiosamente poderoso: ma il fatto che Gesù lo ha chiamato, sigillato e inviato».
Questo è il cristiano. Quando non è così, egli rimane uno tra i tanti, ciò che lo distingue è solo unopzione come unaltra. Ma Guardini usa una parola-chiave: «sigillato». Ossia segnato, marchiato a fuoco. Ferito. Il cristianesimo non è una filosofia: è la ferita che Cristo ha prodotto nel cristiano, e che lo pone in un atteggiamento di conoscenza nuova di fronte a tutte le cose, alla donna amata come alle bollette da pagare, al mangiare come alla morte.
Nel cristianesimo, infatti, il Tutto non sta mai nella teoria generale, ma nel frammento concreto di realtà che ci troviamo davanti.
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