Il Romanzo di Ferrara Sul palcoscenico del «Tor Bella Monaca» Tullio Kezich trasforma i racconti di Giorgio Bassani in una grande tragedia sull’Olocausto

Ferrara 1946. Nella città ferita dalla guerra civile, che fatica a ritrovare l’equilibrio della convivenza, è in atto una cerimonia di commemorazione per i deportati ebrei mai tornati dai campi di concentramento. Una lapide sta per essere affissa sul muro della sinagoga di via Mazzini e, scorrendo il lungo elenco di nomi incisi nel marmo, il giovane ebreo Geo Josz - reduce dall’orrore dei lager - legge anche il suo. Nessuno dei presenti alla cerimonia però sembra riconoscere Geo Josz, la cui casa dopo essere stata occupata dai repubblichini ora ospita il comando partigiano del Comitato Liberazione Nazionale. Inizia così, con un momento di sospensione che prelude al rigurgito della memoria e dell’orrore, «Il Romanzo di Ferrara» dolente spettacolo realizzato da Artisti Riuniti ed Eti in collaborazione col Ministero per i Beni Culturali e la Fondazione Giorgio Bassani, in scena al Teatro di Tor Bella Monaca questa sera e domani. Adattato con mano ferma dallo sceneggiatore Tullio Kezich, che ha trasformato in copione teatrale quasi mille pagine di diversi romanzi di Giorgio Bassani - ebreo laico e antifascista, autore tra l’altro del Giardino dei Finzi Contini e le Cinque Storie Ferraresi - lo spettacolo è diretto da Piero Maccarinelli.

Sulla scena, le giovani leve sfornate dalle scuole dell’Accademia d'Arte Drammatica e dal Centro Sperimentale di Cinematografia, danno corpo ai ricordi lividi di Geo Josz il quale, ospite all’ultimo piano nella stanza in cima alla torre merlata della sua vecchia casa, rievoca i fantasmi del conflitto sociale, politico e religioso.
AleMic

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