H a vinto la Ferrari, viva la Ferrari che ha avuto il coraggio, forse la follia, di crederci fino in fondo in una situazione che per essere ribaltata richiedeva più un intervento divino che unimpresa umana. Ha perso la McLaren, viva la McLaren che ha buttato via la più facile delle occasioni per fare una splendida doppietta. Colpa di Ron Dennis, patron della scuderia anglotedesca che ha mollato quasi subito un pilota del valore di Fernando Alonso - reduce da due titoli mondiali conquistati battendo un tale Michael Schumacher - preferendogli un esordiente, un debuttante bravo, bravissimo, di più, come Lewis Hamilton. Tra questi due piloti Dennis ha costruito, alimentato, portato al diapason una rivalità che alla fine ha danneggiato scuderia, Ron Dennis, Alonso ed Hamilton.
Se la scuderia non fosse sua Ron Dennis andrebbe licenziato in tronco. Si è coccolato il giovane debuttante «perché è inglese, perché è nero», lo ha protetto e lo ha fatto proteggere dai vertici (inglesi) della Fia in tutti i modi possibili e immaginabili, nella speranza di creare un grande personaggio mediatico e, soprattutto, un grande richiamo per sponsor e pubblicità. Può darsi che dalla prossima stagione Hamilton cominci a vincere comunque e dovunque. Intanto, ieri, ha tradito il suo Pigmalione nel modo più stupido possibile, perdendo la calma subito alle primissime battute della corsa brasiliana quando, superato dal suo compagno Alonso, ha cercato di restituirgli immediatamente lo sgarro. Cadendo, così, nel tranello che lo spagnolo gli ha teso. Alonso sta sicuramente soffrendo per non essere riuscito a centrare il terzo titolo consecutivo - impresa riuscita soltanto a Fangio e Schumacher - ma, altrettanto sicuramente, starà godendo perché il titolo è andato al «nemico» della Ferrari piuttosto che al suo compagno di scuderia, messo poi definitivamente fuori gara da un guasto.
Ha dunque vinto la Ferrari, viva la Ferrari. A Milano direbbero «San Giuan fa minga ingann».
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