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Ronaldinho, un estraneo nel nuovo Milan Ancelotti: "Non si può tornare indietro"

Il tecnico esclude il dualismo con Kakà: "La sua condizione migliora ed è sereno". Ma contro il Genoa il brasiliano finirà in panchina per la terza volta consecutiva"

Ronaldinho, un estraneo nel nuovo Milan Ancelotti: "Non si può tornare indietro"

Milanello - Tutto il caso Ronaldinho in un paio di frasi. «C’è un’aria nuova, qualcosa sta crescendo» sostiene Carlo Ancelotti reduce da Bologna e da un 2009 che sembra promettere il rinascimento rossonero in campionato. E più avanti scolpisce: «Non possiamo tornare indietro». Ecco la traduzione: non si cambia una squadra che comincia a funzionare come un orologio. A dispetto di ogni consiglio per il turn-over da applicare nella settimana delle tre sfide concentrate in sette giorni.

«Dobbiamo valutare se conviene o meno cambiare, dobbiamo tenere tutti sulla corda: possono tornare Ronaldinho, Flamini e Jankulovski», è la risposta di Ancelotti al quesito più urgente cucito su misura per evitare allarmismi smodati. E invece il Gaucho resta lontano anche stasera, a San Siro contro il Genoa, dal prato verde, in panchina ad aspettare tempi migliori e una inversione dell’attuale tendenza che lo mortifica. Per valorizzare al massimo il contributo di Kakà, scoperto come l’uomo decisivo del torneo (15 punti portati dal brasiliano in dote alla squadra), è la spiegazione più diffusa. «I due possono giocare insieme bene, lo hanno già fatto e continueranno a farlo», la smentita di facciata di Ancelotti, che invece considera l’attuale formula più equilibrata ed efficace al tempo stesso.

Il punto è lo scarso dinamismo di Ronaldinho, non altro. Ad ascoltare le motivazioni pubbliche, Ronaldinho resta fuori per recuperare la fatica accumulata durante la preparazione a Dubai. «Non era abituato a certi carichi di lavoro», segnala Daniele Tognaccini, il capo di Milan-lab. «La sua condizione migliora, sta guadagnando ritmo, male non sta» sintetizza Ancelotti per giocare a carte scoperte. Qui non c’entra la salute di Dinho, in discussione il suo contributo e il suo ridotto rendimento, fin qui limitato a gol importanti (fondamentale nel derby), in Italia e in Uefa. C’entra invece il proposito, feroce, di non toccare il motore che comincia a funzionare bene. Anche le reazioni dell’interessato, a sentire le voci dello spogliatoio, sono sotto controllo.

«Dinho è tranquillo e sereno come al solito, riesco a gestirlo bene e lui conosce il proprio ruolo dentro la squadra» la spiegazione del tecnico. Già, ma fino a quando? Forse quella di stasera, col Genoa, è l’ultima esclusione patita con eleganza. A Bologna, per esempio, ci fu la corsa di Seedorf verso la panchina ad abbracciare proprio lui: l’olandese è uomo di mondo e sa benissimo che sono loro due in ballottaggio. Di qui il suo disappunto per i fischi del pubblico rossonero contro la Fiorentina. «Pensavo di aver diritto a un po’ di credito» l’amarezza di Clarence ribattezzato, al ritorno da Dubai, “lo sceicco”. Ma Ancelotti lo mette in riga con la solita battuta: «Quando lui gioca bene, il Milan di solito vince. Perciò arrivano i fischi. E qualche volta l’ho fischiato anch’io».

Ecco allora cosa sta crescendo sotto gli occhi della concorrenza che stasera viaggia a Catania e a Udine: è il nuovo Milan, con Kakà secondo attaccante al fianco di Pato (per Borriello ricaduta ieri, si allontana il ritorno), un solo cambio in difesa, Senderos rimpiazzato da Jankulovski (squalifica scontata) e 2 sostituzioni in cantiere: Flamini per Beckham («quasi quasi faccio un dispetto a Capello e non lo faccio giocare» la battuta) e Ronaldinho per Seedorf.

L’obiettivo dichiarato è quello di allontanare il Genoa dal 4° posto e di non fare calcoli in attesa del derby esorcizzando un paio di numeri “pericolosi”. Per esempio il Genoa non vince a San Siro da 51 anni (25 maggio del ’58 il precedente), per esempio il Milan può raggiungere il successo domestico numero 10.

Tocchi ferro chi crede alla cabala.

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