Ronchi La confidenza al banco del Pdl: perdonatemi

I nomi dei deputati, in ordine alfabetico, scorrono sul tabellone luminoso dell’aula di Montecitorio. Si è appena consumato il primo affronto imprevisto a Gianfranco Fini: uno degli esponenti di punta di Fli, Silvano Moffa, non si è presentato al voto. Andrea Ronchi, ex ministro delle politiche Comunitarie, si avvicina ai banchi del Pdl. I testimoni riferiranno pochi minuti dopo che aveva «le lacrime agli occhi»: «Ho fatto tutto quello che potevo, tutto quello che potevo - ripete agli ex colleghi - Perdonatemi». Poi si volta e sale al banco della presidenza, dove si trova Fini. Gli dice qualcosa. «Le sue parole - racconta una deputata pidiellina che ha seguito tutta la scena - erano: Ormai è finita», come una presa di coscienza che la sfiducia non avrà mai la maggioranza dei voti, un tentativo conclusivo di evitare lo strappo completo. Ma Fini gli fa un cenno con la mano, un cenno che poteva significare: vai a votare.

Ronchi scende dallo scranno della presidenza, è il suo turno, conferma il sì alla sfiducia, no al governo, forse uno dei voti più tormentati tra i finiani, un’adesione per lealtà e amicizia a Fini, ma non senza sofferenza.

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