La Rosa nel pugno diserta la convention dell’Unione

L’opposizione già divisa alla presentazione del programma dopo la rottura su Pacs e scuole private

Laura Cesaretti

da Roma

Alla convention dell’Eliseo oggi rimarrà una sedia vuota: la Rosa nel pugno di radicali e socialisti, che l’altra sera ha abbandonato in segno di dissenso il vertice dell’Unione, non ci sarà.
«Non credo di andare alla presentazione del programma dell’Unione - annuncia il segretario dello Sdi Enrico Boselli - ma questo non significa che la Rosa nel pugno è fuori dalla coalizione e farà mancare il suo contributo per sconfiggere Berlusconi». Si riserva però di ascoltare quel che dirà Prodi (con cui ieri Boselli si è sentito) oggi, per poi replicare in una conferenza stampa. Per Boselli il vertice «non è andato bene», e resta la ferma divergenza della Rosa su diversi punti: «Non possiamo restare zitti, e non stiamo parlando né di posti né di candidature a questa o a quella presidenza. Trattiamo problemi veri per molti cittadini». In primo luogo la scuola pubblica, che «oggi non ha un euro» e dunque va difesa, evitando di convogliare risorse verso gli istituti privati: «C’è anche un dettato costituzionale che lo vieta». E poi la spinosa questione dei Pacs, che «devono trasformarsi in legge».
Il problema è che al tavolo dell’Unione ha vinto la linea Rutelli, che si opponeva strenuamente ad ogni riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, etero o omosessuali che siano. L’ambigua formulazione di compromesso limata alla fine dal vertice dell’Unione parla infatti di riconoscimento di alcuni diritti ai singoli appartenenti ad una coppia, niente a che vedere dunque con i patti di convivenza in vigore in tutto il resto d’Europa («tranne Grecia e Irlanda», ricorda il segretario radicale Capezzone). E ieri le associazioni omosessuali vicine alla sinistra sono insorte contro il tradimento delle loro istanze, avallato non solo da Prodi ma anche dalle forze che avevano promesso di sostenerle: Ds, Rifondazione, Verdi, Pdci, che hanno tutti accettato il veto rutelliano e cattolico. «È una secca, inequivocabile sconfitta per il movimento per i diritti delle persone omosessuali», protesta il direttore di Gay Pride Dell’Orto, che invita i gay a rifiutare la candidatura nelle liste del centrosinistra. «Non ci potrà essere un appoggio di gay e lesbiche al programma dell’Unione», incalza Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay. La questione rischia di creare difficoltà politiche ed elettorali alla sinistra dell’Unione, tanto più se unita alla polemica contro i finanziamenti statali alla scuola privata (Sdi e radicali guardano anche a quel milione di insegnanti che sono anche elettori, e ai quali ha rivolto ieri un appello Roberto Villetti). E nei Ds si ammette che qualche preoccupazione c’è: «Una parte dei nostri elettori non apprezza l’alleanza con la Margherita, e potrebbe votare Rosa alla Camera e Quercia al Senato», ammette Pierluigi Bersani. D’Alema reagisce irritato: «Non prendo lezioni di laicità da Pannella e Bonino, e non vorrei che passassimo la campagna elettorale a parlare di come definire le unioni civili, se patti o contratti. Questi sono dettagli», dice il presidente ds. Mentre Barbara Pollastrini esprime una cauta critica e invita a «non accontentarsi di mediazioni che risultano ingenerose per milioni di persone e per il movimento gay».
Pannella invece si augura che quello vissuto dall’Unione sul programma «sia solo un attimo di smarrimento, e non la dimostrazione che non si è capaci nemmeno di governare una fase pre-elettorale di questo genere».

E avverte che quelli su scuola pubblica e Pacs sono solo i primi punti su cui la Rosa insisterà: «Ci han detto che non era il caso di affrontare ora anche i temi delle riforme economiche dell’agenda Giavazzi, perché altrimenti si perdevano voti». Ma verrà anche quel momento.

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