Gian Piero Scevola
Guido Rossi non ci sta. Il Commissario straordinario della Federcalcio, che ieri non ha partecipato ai festeggiamenti azzurri perché impegnato in una funzione funebre, non vuole sentire parlare di amnistia. Lui che da mago del diritto si è riscoperto risanatore del calcio, non può certo considerare un bel colpo di spugna come la risoluzione di tutti i problemi del nostro football. Questa richiesta di amnistia, da parte di Mastella, lo disturba, gli procura un senso di fastidio e per chi ha sempre vissuto tra i codici e ora ha larduo compito di mettere ordine in Figc, dando regole certe e trasparenti a un mondo allo sfascio, un simile provvedimento rappresenta davvero lultima soluzione a cui pensare. Rossi però non si esprime e non che per lui si possa applicare il vecchio adagio «chi tace acconsente», perché chi gli è stato vicino in questi giorni «made in Germany» ha chiaramente captato il suo stato danimo. Senza scendere a compromessi, senza abbassare lo sguardo di fronte ai politici che saltano sul carro dei vincitori.
Il «fattore R», quello che Rossi ha imposto alla Federcalcio che sta ricostruendo, non prevede amnistia o riduzione delle pene solo perché lItalia ha conquistato il mondiale. Anche se qualcosa dovrà pur cedere per accontentare le pressioni che si stanno accumulando su di lui. E allora niente amnistia generalizzata, ma limitata solo ai fatti meno gravi, come la squalifica di più giornate, aggressioni agli arbitri e via dicendo, con esclusione però delle squalifiche per doping e illecito sportivo. Queste sono le condizioni che Rossi ha posto, una sanatoria per le infrazioni meno gravi che lascerebbero fuori buona parte dei 29 deferiti del maxiprocesso. Una prova di forza contro i politici che vorrebbero invece un colpo di spugna per tutti.
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