Roma - Giancarlo Tulliani ha fatto la sua prima «vittima». Il senatore Franco Pontone, ex tesoriere del partito guidato da Gianfranco Fini nonché firmatario su procura del presidente della Camera dell’atto di cessione alla società off-shore Printemps Ltd dell’appartamento monegasco, ha rassegnato personalmente le dimissioni dalla carica di presidente del comitato di gestione di Alleanza nazionale. Il partito sopravvivrà fino alla nascita della Fondazione che subentrerà nei diritti.
«Mi mancano le motivazioni per svolgere le mie funzioni», avrebbe detto - secondo quanto si apprende - Pontone aggiungendo che «le dimissioni sono indipendenti dalla vicenda di Montecarlo». Sul tavolo dei garanti è giunta anche la lettera col quale ha rinunciato «per motivi personali» un altro componente, Giovanni Catanzaro. Resta in carica solo la finiana Rita Marino.
L’anziano esponente finiano, già dagli inizi dell’inchiesta del Giornale, aveva manifestato il proposito di cedere il passo. Nello scorso agosto, infatti, aveva rivelato di «essere incazzato» perché «da 50 anni faccio politica e sono una persona onesta, sono pentito di aver accettato di fare il segretario amministrativo di An».
Sul senatore napoletano, infatti, ricade solo una responsabilità oggettiva avendo ricevuto la delega da Gianfranco Fini. «Ebbi un preciso mandato e quel mandato ho assolto», dichiarò al Corriere ad agosto. Più o meno le stesse parole ripetute ai magistrati romani, il procuratore Ferrara e l’aggiunto Laviani. La vendita? «Fu decisa dai vertici del partito». Il prezzo? «Non c’erano altre offerte». Tulliani? «Non so nulla, l’ho incontrato una sola volta dopo il rogito».
L’unica discrepanza si coglie con le dichiarazioni del senatore Antonino Caruso, ex aennino del Pdl e vicepresidente dei garanti il quale ricordò di aver girato a Pontone nel 2001 un’offerta di circa un milione di euro per l’appartamento.
Le dimissioni rappresentano un gesto onorevole all’interno di una vicenda nella quale l’ex leader della Fiamma, Gianfranco Fini, si è limitato a un comunicato in otto punti che ha brillato per omissioni e a qualche balbettio davanti al direttore del Tg di La7 Enrico Mentana.
Ecco perché i finiani del comitato dei garanti (il presidente Lamorte e i fedelissimi Raisi e Digilio) avrebbero chiesto, dopo quella già ottenuta ad agosto, un’ulteriore proroga di sette giorni per rendere un po’ meno dolorosa l’uscita di Pontone. Il problema non è stato solo numerico giacché gli altri sei componenti dell’organismo (Caruso, Biava, Leo, Gamba, Valentino e Petri) non sono di area finiana e, dunque, poco propensi a un ulteriore traccheggiamento. Anche l’ottantatreenne Pontone, ad agosto come dopo l’audizione dai pm romani che indagano sull’affaire monegasco, aveva espresso il desiderio di non esser più chiamato in causa. «Basta! Di conti e case non ne voglio più sapere!», avrebbe riferito agli amici di tante battaglie politiche.
Ieri sera, comunque, sia Lamorte che Raisi hanno auspicato la revoca delle dimissioni. Nella prossima riunione, il 6 ottobre, il comitato dei garanti dovrà sostituire i due dimissionari e proseguire nel proprio lavoro: scrutinare il patrimonio immobiliare dell’ex An, scegliere l’advisor contabile per Il Secolo e chiederne un bilancio preventivo prima di ulteriori trasferimenti all’house organ di Fli.
Da ieri sera, però, Gianfranco Fini e, per interposta Giancarlo Tulliani, sono più soli. Perché un anziano senatore napoletano ha deciso che il suo compito si era esaurito e che le consegne erano state rispettate. Ora qualcun altro dovrà spiegare come mai sia stato deciso di cedere al prezzo di 300mila euro un immobile che sulla carta potrebbe valere cinque volte di più.
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