Parigi - Chi crede ancora a Ségolène Royal? A destra, ovviamente, nessuno, ma anche a sinistra gli entusiasti diminuiscono di giorno in giorno. A forza di «restare all'ascolto della Francia reale», la candidata socialista sembra aver perso il contatto con la «gauche» tradizionale. Qualche intellettuale, come Glucksmann e Gallo, le ha già voltato le spalle. Ora anche la stampa progressista dà segnali di impazienza, come Le Monde, le cui simpatie nei confronti di Sarkozy, sebbene non dichiarate, sono sempre più evidenti o come Libération, che ieri invitava «Ségo» a «dare coerenza alle aspettative contraddittorie dei suoi elettori», pena «la sconfitta alle urne». Tutti chiedono una sterzata vigorosa, per ridare slancio alla campagna elettorale. Lei ci proverà domenica, quando presenterà il suo programma. Ci vuole un botto per invertire una tendenza sempre più netta: l'ultimo sondaggio dà Ségolène al 26% al primo turno, mentre Sarkozy ottiene il 32%; un distacco di sei punti, confermato anche al secondo turno (47 a 53%). E ora la Royal inizia a temere persino il candidato centrista François Bayrou, che gli elettori giudicano più serio e credibile di lei e che in tre mesi è passato dal 7 al 14%.
Ségolène annaspa e anche se non trovano conferma le voci secondo cui il Partito socialista potrebbe ripudiarla in corsa cambiando candidato, i segnali dell'erosione sono sempre più evidenti, addirittura nella scuola, che da sempre è un feudo della sinistra. Alle presidenziali di aprile gli oltre 900mila docenti non voteranno compatti. E quanto contino lo sa bene Jospin che cinque anni fa perse al primo turno in parte a causa loro. Nel 2007 tradirono l'allora premier per protesta nei confronti del ministro dell'Educazione Claude Allègre, ma il loro voto si riversò su candidati alternativi e dunque restò a sinistra. Ora è diverso. Secondo valutazioni concordanti, il 40% degli insegnanti è pronto ad abbandonare i ranghi della «gauche»: solo il 59% si dice pronto a votare per la Royal; il 30% apprezza Bayrou e il 10% addirittura Sarkozy, che ha fiutato l'aria e che proprio lo scorso week-end ha promesso di «valorizzare il ruolo degli educatori», rendendo «omaggio alla scuola che incarna profondamente i valori della Francia». Il candidato di centrodestra tenta di sfruttare la crisi di fiducia nei confronti della sua rivale progressista. Una crisi testimoniata anche da Internet, come trapela dagli innumerevoli blog animati dai docenti.
Lo smarrimento è palpabile: gli insegnanti si sentono traditi da Ségolène, che qualche settimana fa fu filmata, durante un dibattito, mentre criticava gli orari e le vacanze dei docenti. Una gaffe che ora paga a caro prezzo. Il suo stile piace al pubblico da rotocalco e a una certa borghesia sensibile all'immagine, ma non a molti «prof», che la giudicano «evanescente» o addirittura «ipocrita». Sono soprattutto i più giovani a distanziarsi. Il loro giudizio sulla società è disincantato; non sentono il richiamo del Sessantotto, che caratterizza i loro colleghi più anziani. A un politico chiedono concretezza e trovandone poca nella «Marianna rosa» cercano risposte altrove. Nelle periferie qualche docente sceglierà addirittura Le Pen.
Il voto di rottura tende a concentrarsi su Bayrou, che tra il '95 e il '97, fu un buon ministro dell'Istruzione.
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