Farinetti: "Chi vede fascisti al governo è fuori dal mondo"

Il fondatore di Eataly Oscar Farinetti: "In Italia la democrazia non è a rischio. Bisogna rispettare l'avversario"

Farinetti: "Chi vede fascisti al governo è fuori dal mondo"

Oscar Farinetti è uno scrittore, dirigente d'azienda e imprenditore di gran successo. Tra le sue iniziative più celebri c'è il miracolo di Unieuro, alla cui espansione diede un contributo decisivo, e poi l'invenzione tutta sua di Eataly. È in libreria con il suo primo romanzo La regola del silenzio, edito da Bompiani (foto).

Farinetti, da imprenditore a romanziere?

"Ci ho messo cinque anni a scrivere questo romanzo".

Perché lo ha scritto?

"Perché avevo voglia. Volevo vedere se ero capace di mettere la mia morale dentro un romanzo. Etica ed estetica: giusto e ingiusto, onesto e disonesto, bello e brutto".

È importante la sua morale?

"Non so. So che al mondo ci sono gli umili che la propria morale se la tengono. E i presuntuosi come me che pensano di doverla rendere pubblica ed estenderla agli altri".

E di cosa voleva parlare in questo romanzo?

"Avevo voglia di parlare di famiglia, di amore, di coraggio, del tempo, della lettura. Dentro il romanzo poi ci ho messo anche un thriller per tenere alta l'attenzione. Le due scuse, narrativa e thriller, alla fine hanno superato la mia morale. Del resto lo diceva Hemingway: prendi il protagonista lo butti dentro il libro e poi fai fare a lui e tu lo segui. È andata così. Il protagonista mi ha preso la mano".

Lei dice "famiglia". Si riferisce alla sua famiglia?

"No, nella mia famiglia c'era un'armonia pazzesca. Ma io sono un grande lettore di Thomas Mann, e dei Buddenbrook soprattutto, questo libro incredibile, fantastico, che Mann scrisse in Italia a 26 anni. Mi sono ispirato a quella famiglia dei Buddenbrook".

Lei è nato ad Alba. Patria del tartufo, del vino dolcetto. Ha influito questo nel suo amore per la produzione e la vendita del cibo?

"Dolcetto? Mi piace che lei dica dolcetto, invece di dire Barbaresco o Barolo. Il dolcetto è il vino povero delle Langhe. È il vino che mi ha accompagnato nelle mie sbronze giovanili. Non ci potevamo permettere il barolo".

Quindi ha influito?

"Sono nato il 24 settembre in piena vendemmia. Mio padre era nato nel paese che si chiama Barbaresco e mia madre a Barolo. Vede: nessuno decide dove nascere, Io sono stato molto fortunato a nascere in quella famiglia e in quel luogo".

Chi era suo padre?

"Mio padre è stato un grande comandante partigiano. Dei partigiani buoni. Non ha mai ucciso un fascista. Era un partigiano moderato, pieno di valori. Me li ha tramandati tutti".

Sua madre?

"Grande lavoratrice. Mio padre imprenditore. Chi ha fortuna nella vita deve farsela perdonare. Io l'ho avuta".

Suo padre le parlava della guerriglia sui monti piemontesi?

"Non parlava d'altro. Chi ha vissuto quei 20 mesi della Resistenza è stato segnato profondamente. Lui è sempre rimasto il comandante Paolo. E quando parlava di affari ci metteva dentro i valori della resistenza. Libertà, onestà, rispetto".

L'antifascismo ha ancora un senso?

"Assolutamente sì. Io rispetto e apprezzo le idee di destra. Poi però ci sono delle persone che ancora oggi riconoscono il valore di quel ventennio. Non esiste quel valore. Io parlo di fascismo universale: di Mussolini, di Hitler, di Stalin, di Mao Tse-Tung e anche di Putin. Il fascismo è negazione di libertà, è sovranismo, è imperialismo".

Ma hanno ragione quelli che dicono che è arrivata la destra al potere e dunque siamo al fascismo?

"Ma per carità! Il modo migliore di essere antifascisti è non usare la violenza e l'odio dei fascisti. Per essere antifascisti bisogna essere dolci e rispettare l'avversario. Dopodiché chi vede azioni fasciste nell'attuale governo mi sembra che sia fuori dal mondo".

Quando Schlein dice che in Italia la democrazia è a rischio?

"Ma no! Non è a rischio la democrazia".

Lei conosce e possiede la ricchezza. Cosa pensa della patrimoniale?

"Chi è più ricco deve pagare molte più tasse di chi è povero. Gran parte della ricchezza le persone ricche l'hanno ereditata. A me dispiace che in Italia non esista una forte tassa sulla successione. Non puoi parlare di meritocrazia e poi niente tassa sulla successione".

La meritocrazia è di destra?

"No, non è di destra. È giusta".

Politica: lei è stato molto vicino a Renzi.

"Mai stato tifoso. Dicevo che non ero un renziano, ero un renzista. Mi piacciono le persone che portano novità e colpi d'ala. La riforma costituzionale che Renzi ha proposto era un colpo d'ala. Abbattuto da un referendum. Se fosse passata quella riforma l'Italia oggi starebbe molto meglio. Ma Renzi aveva tutti contro: da D'Alema a Casapound".

Separazione delle carriere?

"Non so cosa voterò. Forse voterò no. A me questa legge sembra poco importante per quel che riguarda la separazione, e sbagliata perché prevede il sorteggio dei magistrati che entrano nel Csm".

Ha conosciuto Berlusconi?

"No. Il mio amico Sgarbi aveva organizzato degli appuntamenti con lui. Ma io all'epoca ero un fondamentalista. Non ho voluto incontrarlo. Oggi me ne dispiaccio".

Perché?

"Perché ho sentito parlare bene di lui da tantissimi suoi collaboratori. Quando i tuoi collaboratori parlano bene di te vuol dire che sei bravo".

Berlusconi era il capo della destra

"Io sono di sinistra, ma mi piace la destra liberale. Mi piacerebbe che la parte migliore di Forza Italia si mettesse d'accordo con la parte migliore del Pd e governassero loro".

Meloni la conosce?

"No. Ma non avrei problemi a conoscerla".

Quando è stato il momento nel quale ha avuto paura a lanciare Eataly.

"Il primo Eataly fu tranquillo. La paura mi venne per New York".

Perché ha avuto paura per New York?

"Dopo Torino mi ero montato la testa. Ho fatto Tokyo. Disastro: ho perso tanti di quei soldi! I giapponesi mangiano italiano una volta ogni sei mesi. Una pizza in quattro. Ho deciso di aprire a New York. Un contratto di affitto a New York al numero 200 della quinta strada, incrocio Broadway, hai idea di quanto costi? Se sbagliavo ero finito".

Sbagliò?

"No. Un successo clamoroso. 80 milioni di dollari in un anno. Oggi io a New York sono famoso. Eataly in America è un mito".

L'America di Trump?

"No (ride). Il successo è sulla East coast intorno a New York e sulla West Coast. Luoghi dove Trump è odiato".

È vero che lei organizzò la candidatura di Chiamparino, ex sindaco di Torino, al

Quirinale?

"Quella mattina all'alba mi chiamò Matteo e mi disse: puntiamo su Chiamparino. Ero felice. Stimo molto Chiamparino. Ma io non c'entrai niente con quel voto. Chiamparino non ce la fece e uscì Mattarella".

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