Roye Lee è un anziano signore, con una barba ieratica, che gira in bici carico come un mulo nonostante le gambe gonfie. Trasporta di tutto: sacchi carichi di carta, bottiglie vuote, rottami vari. Ma non ricicla niente, non vende nulla: non fa il rottamaio, lui. È solo e semplicemente un clochard, con il pallino dello «spazzino». Ciò che raccatta finisce nella sua «casa» che è in fondo a un stradina chiusa e maleodorante a cento metri dalla Madonnina: vicolo Pusterla. Roye vive sotto un tettoia circondata da tre muri, insomma una stanza sbarrata allentrata da un telone rubato in qualche cantiere. Con scritto «Divieto daccesso».
Eppure lui sembra persino pulito, ordinato. «Un gentiluomo raccontano le giovani commesse che lo salutano la mattina, fermandosi a chiacchierare, e i camerieri dei bar di via Torino che qualcosa da mangiare glielo danno sempre. Lo conoscono da sempre. Sono almeno ventanni che Roye sta lì. Quasi unistituzione. Quando pedala talvolta lo si sente cantare in inglese. «Where Roses Grow» (Dove crescono le rose). Forse è la sua preferita. Ma ne conosce tante altre. Molte canzoni le ha scritte lui.
Dietro ogni miseria cè una storia. Roye Lee era un cantante. E non uno qualunque. Lui ne è fiero e per come la racconta la sua vita è stata quasi tutta bella: linfanzia a Nashville nel Tennessee, l´arrivo in Italia nel 56 come militare dellesercito americano, il ritorno negli Usa, lincontro con Frank Sinatra e poi di nuovo a Milano e Roma, negli anni 70, quando la notte finiva allalba. Giura di aver girato qualche ciak con Celentano e la Vitti sul finire degli anni Settanta, una parte in «Odio mortale», con Amedeo Nazzari negli anni Sessanta. In tutto cinque film. E poi i suoi dischi. Tutto vero.
Un dj di Radio della Svizzera Italiana ha deciso di andare a ritroso nella storia, segnare nomi, fare telefonate, cercare registrazioni di un passato dimenticato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.