Ruppi, il vescovo «aiutato» dalla sinistra

Per la procura maxi tangente pagata dagli Angelucci. Il tesoriere della lista dell’ex governatore: «È tutto registrato: per ogni versamento ci sono ricevute e fatture»

nostro inviato a Bari

Di che cosa sia accusato, di preciso monsignor Cosmo Francesco Ruppi ancora non lo sa. Sull’informazione di garanzia che la procura di Bari gli ha fatto recapitare l’altra mattina, l’arcivescovo di Lecce e presidente dei vescovi pugliesi ha potuto leggere soltanto che l’ipotesi di reato è corruzione. Il resto sono spifferi che escono dai corridoi del palazzo di giustizia barese. «Sono davvero curioso di conoscere le imputazioni - dice il difensore del presule, l’avvocato leccese Pasquale Corleto - ho letto sui giornali che si tratterebbe di pressioni su Fitto perché la regione finanziasse gli oratori parrocchiali. Sarebbe un bel paradosso: il provvedimento non è stato votato dalla vecchia amministrazione di centrodestra, ma da quella guidata da Nichi Vendola. E a quanto ne so io, le indagini della Guardia di finanza hanno bloccato quei fondi mesi fa».
Lo strano caso di monsignor Ruppi non compare nell’ordinanza di custodia cautelare che riguarda Fitto, Angelucci e Pagliaro. È un’inchiesta nata dalla montagna di intercettazioni registrate in quattro anni. Probabile che il vescovo abbia fatto presente all’ex governatore le esigenze di molte strutture parrocchiali per il tempo libero dei giovani, ma la procura parla di corruzione. L’avvocato Corleto dice che monsignore è sorpreso: «È un uomo aperto, che dialoga con tutti, va sottobraccio ad Adriana Poli come a Giovanni Pellegrino. Non ama i maneggi politici, quello che deve dire lo dice, e non fa sconti a nessuno».
Ma se anche Ruppi dovesse ringraziare qualcuno, non sarebbe il centrodestra. I fondi agli oratori li ha stanziati Vendola. Fu la legge Turco-Napolitano a consentirgli di aprire il centro di accoglienza per immigrati di San Foca gestito da don Cesare Lodeserto, arrestato e poi scagionato. Lo scorso febbraio si disse che il vescovo aveva fatto un grosso piacere alla Margherita. Vendola voleva estendere i diritti della famiglia tradizionale alle coppie di fatto etero e omosessuali. Ruppi aveva tuonato contro Margherita e Udeur: «Non si può essere cattolici e disattendere il magistero».

Così, un assessore della Margherita, Guglielmo Minervini, era andato in curia a Lecce uscendone con un testo nuovo di zecca, che non usava l’espressione «unioni di fatto» ma «persone unite da vincoli solidaristici». La legge passò, Vendola parlò apertamente di «compromesso». E monsignor Ruppi non protestò più.

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