Roma - Onorevole Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl e ministro della Difesa, come si sente a essere definito “traditore”?
«Fini non ha avuto il coraggio di usare questo termine, ma ha detto di peggio, una bugia: che abbuiamo cambiato generale e siamo pronti a cambiarlo ancora. Il generale ce l’ha indicato lui, la scelta di fare il Pdl noi l’abbiamo condivisa ma l’ha decisa lui. Noi non abbiamo cambiato generale ma siamo rimasti nel progetto condiviso».
Una ferita non solo politica ma anche umana?
«Non auguro a nessuno la tristezza nel vedere il proprio generale cambiare bandiera ed esser pronto a cambiarla ancora Perché noi siamo andati avanti sul progetto che ci era comune su immigrazione, sicurezza, identità nazionale. Sulla legge elettorale e sulle riforme è Fini che ha cambiato bandiera».
Ha seguito l’intervento del presidente della Camera?
«No. Non l’ho fatto perché ero certo di quello che avrebbe detto, non c’è stata la minima sorpresa. Ero sicuro che si sarebbe barcamenato dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Né tornare con Berlusconi né fargli la guerra. Né sciogliere il gruppo né fare un nuovo partito. Né stare coi centristi né dare l’ok alla Bindi».
Come interpreta quindi il discorso?
«Solo un tentativo di tenere insieme i vagoni a velocità variabile di chi in questo momento è vicino a lui con ragioni spesso contrastanti. La tradotta va alla velocità del vagone più lento se non vuole perdere i pezzi e l’unico rimedio è mettere il cerino in mano a Berlusconi».
A proposito di risposte, Fini ha definito «infame» lalinea editoriale del «Giornale».
«È contraddittorio che chi aderiva alle tesi della sinistra nella battaglia sostenga che una determinata campagna di stampa si debba o non si debba fare».
Cosa ne deduce?
«Tutte le sue tesi mi sono sembrate ancora una volta un appoggio esplicito alle tesi della sinistra. Anche sulla stessa giustizia la tattica è il “vorrei ma non posso”e quindi è d’accordo sulla tesi generale salvo non dare l’ok su leggi concrete come il processo breve».
C’è un punto politico vero e proprio?
«L’unico intervento politico non comiziale è che il Pdl è morto. No, non è morto, è vivo così come non è morta An quando è uscito Storace o quando al primo congresso uscì Rauti. I progetti sopravvivono alle scelte degli uomini. Si metta il cuore in pace:c’è ancora il progetto del Pdl di dare all’Italia un partito europeo che aderisca al Ppe».
Dove andrà Fini?
«Mi chiedo dove potrebbe finire una compagine non accettata nel Ppe, non foss’altro perché ci vuole il parere favorevole di chi ne fa parte».
Quali sono gli scenari?
«Fini sostiene che dovremo fare i conti con lui, noi li faremo col Parlamento. Una mozione in cinque punti e poi le singole leggi. Se votassero contro, ci potrebbe essere una maggioranza sostitutiva con parlamentari che sostituiscono i finiani senza che il governo cada. Oppure potrebbe non esserci la maggioranza e allora la richiesta al presidente della Repubblica sarà quella di sciogliere le Camere. Oggi (ieri) non c’è stato nessun elemento nuovo».
Da coordinatore del Pdl cosa farà?
«Non cambiamo il nostro percorso. Il partito continuerà a lavorare ai suoi appuntamenti. Siamo moderati: avremmo potuto dichiarare decadenza dagli incarichi di partito di chi ha aderito a Fli ma abbiamo deciso di affidarci ai probiviri sperando nella loro resipiscenza».
Sarete più falchi o più colombe?
«Non sono né falco né colomba, ma ci vuole chiarezza. Ho sempre lavorato in An per tenere insieme Fini con Berlusconi con Fini che non ne voleva sapere ed ero pronto a farlo ancora ma mi pare che questi spazi non ci siano più».
Cosa direbbe ai finiani?
«Uscite dalla strategia dell’ambiguità: se il Pdl è morto, dimettetevi dal Pdl».
Ha sentito Berlusconi?
«Non ancora, ma so che insisterà sull’incompatibilità con il ruolo di presidente della Camera. Se la sinistra non protesta, è solo perché lo considera un utile idiota. Ma Fini è tutt’altro che un idiota».
Cosa le rimarrà di Mirabello 2010?
«Tatarella e Almirante che si rivoltano nella
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