Roma Lo sfogo privato del premier Silvio Berlusconi alla Camera venerdì scorso non poteva non lasciare strascichi. Quel «dopo le Regionali si azzera tutto» deve essere risuonato più volte nella testa dei tre coordinatori nazionali del Pdl. Ma non solo. E ieri il ministro della Difesa, uno dei triumviri, è venuto allo scoperto: «Quello che è strano è che io mi trovo a volte sui giornali questa specie di alone di imperfezione e poi dico: “Cos’è che contestano a La Russa? La Russa è troppo bravo, allora deve fare un passo indietro”. Pronto a farlo».
La sortita non è casuale, soprattutto se si tiene conto di due fattori. Il primo, molto umano, è la rivendicazione di un lavoro che dal punto di vista matematico ha dato ottimi risultati. «Il Pdl - ha aggiunto - è un partito nato meno di sei mesi fa e ha avuto un grande successo. Sono molto soddisfatto del lavoro compiuto con Bondi e Verdini. Credo che il lavoro fatto nel partito dalla squadra sia ottimo. Berlusconi me lo dice sempre».
E qui c’è un secondo fattore: tutto politico. Se Berlusconi ha riconosciuto la positività dell’azione di La Russa, perché questo rimettersi in discussione, questa disponibilità, seppur ironica, al «passo indietro» quando è chiaro che, capitolo-sottosegretari a parte, Berlusconi nel Pdl non toccherà nulla fino al 29 marzo? La risposta è semplice se si ricordano alcune recenti vicende. Qual è il nome del coordinatore del Pdl messo in discussione quando i finiani reclamavano maggiore peso nel partito? Quello di Ignazio La Russa. E quale altro nome si faceva in quei tormentati frangenti fatti di quotidiani distinguo su questioni etiche ma anche su meno poetiche poltrone? Quello del presidente dei senatori pidiellini Maurizio Gasparri.
In quest’ottica le parole pronunciate ieri dal ministro della Difesa acquistano tutta un’altra luce. «Il problema - ha detto - non sono i triumviri ma capire se vale la pena di continuare con l’integrazione tra Fi e An». Anche perché, ha rimarcato, «in questi giorni - ha detto - ho visto più volte al giorno Berlusconi e se ha delle contrarietà non riguardano certo il partito».
Ecco che in controluce si svelano le stratificazioni di mesi di polemiche sterili, provenienti generalmente da una parte sola: Montecitorio e il suo inquilino numero uno. «In tutti i partiti c’è qualcuno - ha evidenziato La Russa non involontariamente - che ha piacere di sottolineare il pezzettino vuoto del bicchiere». Le certezze iniziali sembrano rovesciarsi: non è (o non è solo) Berlusconi a riconsiderare la posizione di La Russa. «Credo che quello che abbiamo costruito e i momenti di tensione che abbiamo brillantemente superato, parlino da soli. La soddisfazione è che sia Fini sia Berlusconi ne sono consapevoli», ha concluso.
Un pezzo della vecchia An, quindi, è nel mirino della «guardia rivoluzionaria» del presidente della Camera. Sembra un paradosso, ma non lo è. Perché La Russa e Gasparri rappresentano la cerniera tra il berlusconismo di Fi e quella parte di An che ha buttato il cuore oltre l’ostacolo senza nostalgie e senza velleità cultural-filosofiche. Colpirli significherebbe delegittimare l’evoluzione del Pdl, intesa come formazione di un’area che presidi, promuova e difenda il progetto di Berlusconi. Riparandolo dalla pedissequa invasione di campo delle Procure. Invasione che frange del Pdl sembrano non stigmatizzare.
In ogni caso, l’«azzeramento» berlusconiano passerà attraverso fasi successive. La prima sarà l’allargamento della compagine ministeriale a quattro nuovi sottosegretari. L’ok potrebbe giungere al prossimo Consiglio dei ministri. Daniela Santanchè (Mpi) potrebbe essere nominata all’Attuazione del programma. Ieri il ministro Rotondi ha confermato l’ipotesi: «Ho chiesto da tempo al premier un sottosegretario e gradirei la Santanchè, perché è una leader nel settore comunicativo». Altri «papabili» sono Guido Viceconte, il «finiano» Andrea Augello e Laura Ravetto. La questione sulla guida del partito sarà affrontata dopo le Regionali.
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