da Milano
Tempo un giorno e un sottosegretario del governo viene smentito da un vicepremier del medesimo governo. Tema: leutanasia. Il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi in un programma tv spiega che la pratica, a quanto gli risulta, sarebbe «diffusa nelle cliniche e negli ospedali italiani». Giovanardi dellUdc chiede chiarimenti allesecutivo, ed ecco fissato dunque un question time, con il ministro e vicepremier Rutelli a rispondere sulle affermazioni di Manconi. Il chiarimento è questo: «Leutanasia non viene in alcun modo praticata negli ospedali italiani», e, al riguardo, Rutelli cita una nota del ministero della Salute: «Non sono mai emersi né stanno emergendo notizie o elementi riconducibili alla pratica dell'eutanasia in ospedali e cliniche del servizio sanitario nazionale». Anzi, dice il vicepremier alla Camera, «il Governo è contrario alleutanasia», precisando che si parla di eutanasia per indicare «quellazione o omissione che porta anticipatamente alla morte, da non confondere con rinuncia a accanimento terapeutico, ossia tutti quegli interventi sproporzionati e inutili». Quindi, leutanasia negli ospedali italiani non cè e non ci sarà.
Cosa fa a quel punto Manconi? Riesce a dar ragione, in un colpo, a Rutelli e a se stesso. Dice: è vero che leutanasia non risulta al ministero della Salute e dunque a Rutelli. Ma solo perché è «silenziosa», cioè «in ospedali e cliniche italiane, su richiesta dei pazienti, può accadere che siano praticate, silenziosamente e clandestinamente, forme di interruzione delle cure e di eutanasia».
E poi ritorna al punto di partenza, ricordando una ricerca dellUniversità cattolica di Milano. «Dallo studio emerge - dice Manconi - come il 3,6% dei medici che hanno risposto al questionario dichiara di aver praticato l'eutanasia, somministrando farmaci letali e una percentuale rilevante (15,8%) ha riconosciuto come accettabile quella pratica. Per quanto riguarda, poi, quella che viene definita impropriamente eutanasia passiva, i risultati dello studio sono particolarmente significativi: il 39% del campione dichiara di aver attuato la sospensione delle cure almeno una volta; il 42% dichiara di averlo fatto più spesso».
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