Roma - «Dovranno mandare l’esercito per fermare i cittadini. Il governo vada a casa», minacciano i comitati di Vicenza. «Il comportamento del governo è inaccettabile», annuncia Rifondazione comunista.
Romano Prodi ha detto sì al presidente americano George W. Bush sul raddoppio della base dal Molin, dando via libera al progetto contro cui avevano sfilato a febbraio migliaia di persone, tra cui alcuni deputati di maggioranza. I lavori si chiuderanno entro il 2011. La notizia arriva a cinque giorni dalla visita del presidente americano e dalla spaccatura tra sinistra di governo e di piazza proprio sui temi del pacifismo. «Gli Stati Uniti - ha annunciato l’ambasciatore americano Ronald Spogli - hanno ricevuto da parte dell’attuale governo italiano l’avallo scritto che autorizza il progetto per la base Usa Dal Molin: ora inizia la parte attuativa del progetto».
La dichiarazione di Spogli ha avuto la forza esplosiva di un tradimento per l’ala radicale dell’Unione, mentre a Vicenza si affilano i coltelli. Oggi Prodi sarebbe dovuto arrivare a Padova per la conferenza sociale sul servizio civile, ma proprio ieri ha disdetto l’impegno. Il motivo ufficiale è la necessità di presiedere il tavolo sul Dpef a palazzo Chigi. Ma il presidio «No dal Molin» lo smaschera: «Una coincidenza sospetta, che l’ha salvato dal baccano delle nostre pentole». Il comitato aveva organizzato una manifestazione di protesta contro Prodi, ora annullata: «A quanto pare il presidente del Consiglio ha pensato bene di evitare di avvicinarsi a Vicenza».
Sarebbero stati tre i «sì», secondo quanto ha dichiarato Spogli, di Prodi a Bush: l’approvazione dell’Italia al progetto «è stata ribadita dal presidente Prodi a gennaio e a maggio di quest’anno - ha dichiarato l’alto diplomatico statunitense - il presidente del Consiglio ne ha poi dato ulteriore conferma durante il suo incontro con il presidente Bush il 9 giugno a Roma».
L’annuncio dell’ambasciatore americano ha scosso Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi. Il Prc sembra aver ritrovato ieri la verve delle battaglie pacifiste. Pochi minuti dopo la dichiarazione di Spogli, il gruppo del partito di Bertinotti alla Camera consegnava alle agenzie una dichiarazione in cui si definisce «inaccettabile che il governo comunichi all’ambasciatore statunitense il via libera alla costruzione della seconda base a Vicenza senza comunicarlo al Parlamento». Ma è inaccettabile anche «che Prodi abbia parlato con Bush senza che di questo sia stata data comunicazione ufficiale. Il Prc si oppone al progetto e si schiera al fianco della popolazione vicentina». Poco dopo è arrivata anche la dichiarazione del segretario, Franco Giordano: «Continueremo a sostenere, a promuovere e a partecipare a tutte le iniziative di lotta che il movimento pacifista metterà unitariamente in campo perché quell’insediamento non sia mai realizzato». E anche il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, non ci sta: «Confermo che è un errore: l’Italia ha bisogno di politiche sociali e non di basi».
Nei Verdi anche il sottosegretario all’Economia Paolo Cento è critico: «È arrivata una pessima notizia, resa ancora più pesante dal fatto che è stata resa nota non dal governo, ma dall’ambasciatore».
Eppure nel governo è tutto deciso. Palazzo Chigi ha confermato ieri la nomina dell’ex ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa come rappresentante del governo «per le questioni relative all’attuazione della base Dal Molin di Vicenza».
A Vicenza si prepara una lotta a oltranza: «Il governo dovrebbe vergognarsi per come ha gestito tutta la vicenda fin dall’inizio - commenta Cinzia Bottene, del presidio permanente No Dal Molin -. Se fosse vero, tra Prodi e Berlusconi non c’è differenza alcuna».
Costa ha scelto al linea morbida del dialogo con le popolazioni, annunciando di voler «ascoltare tutti e trovare forme di compatibilità tra le richieste ragionevoli delle comunità locali». Ma parla anche di «un obbiettivo che è d’interesse del Paese e che presuppone lealtà da entrambe le parti». Nella maggioranza però è esplosa la bomba Dal Molin.
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