Bagdad - Non è stata un’esecuzione, ma una vergognosa gazzarra. Una disgustosa replica di quella mancanza di rispetto per vita, morte e dignità umana che caratterizzò l’era del terrore di Saddam. Una sinistra maledizione che sembra riemergere dalla botola del patibolo per continuare ad ammorbare il destino degli iracheni. Quei lazzi, quelle tristi ingiurie, quelle sguaiate maledizioni all’indirizzo di un dittatore con il cappio già al collo riecheggiano come la tremenda conferma delle odiose lacerazioni che dividono il Paese e rischiano di precipitarlo all’inferno.
La verità, ben diversa dalle imbalsamate immagini ufficiali, arriva dalla telecamera di un telefonino azionato da un testimone dell’esecuzione. Due minuti e 37 secondi scanditi dagli sguaiati scherni dei boia, dalle risposte della vittima e dall’irrispettoso sottofondo d’urla, slogan e ingiurie provenienti dai testimoni ammassati sotto al patibolo. Altra benzina sul fuoco, insomma, della guerra civile che divora il paese.
La prima parte del battibecco sulla strada della forca già si conosce. «Tu ci hai distrutti, uccisi, costretti a vivere in miseria», urla uno sgherro incappucciato. «Vi ho salvato dalla vergogna e dalla miseria e ho distrutto i nemici americani e persiani», risponde Saddam che si becca un «Dio ti maledica» dal boia. «Dio maledica te», gli risputa in faccia il condannato. A quel punto il coro sotto il patibolo inneggia a Moqtada Sadr, l’agitatore sciita, capo di una delle fazioni politiche più estremiste e dell’Esercito del Mahdi, la milizia che nel 2004 occupò Najaf e continua a scontrarsi con gli americani. «Pensate di esser coraggiosi?», sussurra Saddam. «Vai all’inferno, lunga vita a Mohammad Baqir al Sadr», rispondono le voci citando il padre di Sadr ucciso per ordine di Saddam. «Vi supplico fate silenzio sta per essere giustiziato», grida una voce tentando di metter fine all’indecente baraonda. Mentre le urla si placano e la guardia finisce di aggiustargli il cappio al collo, il tiranno morituro si lascia andare nella Shahada, la professione di fede che accompagna la dipartita di ogni buon musulmano. La recita una volta. «Non c’è altro Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo profeta». Tenta di ripeterla una seconda. «Non c’è altro Dio all’infuori di Allah e Maometto... » Il nome del profeta gli si strozza in gola, il corpo precipita nella botola, il coro si risveglia. «Il tiranno è caduto... lasciatelo penzolare per tre minuti».
Quelle immagini e quelle parole contribuiscono, inevitabilmente, a far fremere di sdegno le centinaia di migliaia di nostalgici sunniti che ancora considerano Saddam il padre della patria irachena. Ieri in migliaia hanno sfidato il coprifuoco manifestando nelle strade di Ad Awr, la roccaforte sunnita dove Saddam venne catturato il 13 dicembre 2003, lanciando slogan contro i capi sciiti. Altre migliaia di fedelissimi hanno raggiunto la cappella mortuaria del villaggio natale di Ouja, a sette chilometri da Tikrit, dove da sabato riposa il tiranno. Davanti al tempietto, alto sette metri e decorato con arabeschi e drappi marocchini, s’incolonna una lunga fila di fedelissimi in lacrime, impazienti d’inginocchiarsi sulla pietra tombale sotto cui giace Saddam. Fuori centinaia di persone lavorano al gigantesco mosaico destinato a ricordare il «Saladino sunnita».
L’Esercito Islamico la formazione terrorista che rapì e uccise l’italiano Enzo Baldoni, sfrutta lo sdegno per l’esecuzione di Saddam invitando i sunniti di tutto il mondo a mobilitarsi per combattere americani e iraniani. «L’America - recita il messaggio diffuso via internet - ha acceso il fuoco della guerra di religione senza realizzare d’esser caduta nella trappola degli iraniani ormai padroni del paese e delle sue ricchezze senza muovere un dito».
Robert Ellis, un infermiere militare americano avvicendatosi nella custodia di Saddam Hussein contribuisce, in un’intervista, a regalare ai nostalgici un ricordo idilliaco di Saddam. Nel suo racconto il tiranno passa ore a ricordare l’infanzia dei suoi cinque figli, a sfamare gli uccellini con le briciole dei pranzi e a innaffiare le piante durante le ore d’aria. Ma Ellis riferisce anche di un Saddam sempre pronto a difendere la propria dignità .
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